CHIUSURA UFFICIO TRIBUTI DEL COMUNE – UNA NOTA DI D’ERRICO

Ormai è da una settimana che l’ufficio tributi del Comune di Brindisi è chiuso per “impraticabilità di campo”: impianto fognario scoppiato e senza riscaldamento.
Gli utenti cercano di fissare un appuntamento ma vengono rimandati a tempi migliori; stessa sorte per chi ha già prenotato un incontro con i tecnici prima che gli uffici chiudessero al pubblico.
Eppure è da prima di luglio che il dirigente, quello con le valigie pronte, quello che ha spinto il piede sull’acceleratore della digitalizzazione del Comune di Brindisi, chiede interventi di manutenzione obbligatoria ed urgenti e l’assegnazione di personale indispensabile per gestire il front-office (i rapporti con i cittadini).
È come se si fosse dimenticato che la gestione delle entrate ha un’importanza fondamentale per la sussistenza dell’ente e per l’erogazione dei servizi ai cittadini.
Sembra che qualcuno si sia dimenticato che una pessima gestione delle entrate possa minare l’equilibrio del bilancio, già fortemente compromesso.
Questa amministrazione aveva inteso puntare ad un nuovo modello di gestione dell’ufficio tributi trasformandoli da uffici per l’accertamento fiscale in ufficio attento alla gestione di tutte le fasi che riguardano le entrate dell’ente; con attenzione ai bisogni dei propri contribuenti e debitori in un’ottica di customer care.
Dietro il cambiamento del modello organizzativo, pensato un paio di anni fa, non c’era solo la necessità di ottenere un risparmio (peraltro considerevole).
Il nuovo rapporto pubblico privato doveva garantire anche la governance, la programmazione, l’esercizio ed il controllo delle funzioni pubbliche; controllo che non può che rimanere all’interno dell’ente al fine di garantire il know-how.
Ma un modello che nasce fortemente integrato tra pubblico e privato oggi rischia di trasformarsi in un pericolosissimo disastro se non viene strutturato/dotato di risorse materiali, logistiche ma soprattutto umane.
L’avvisaglia è già arrivata anche dal personale; prima con una lettera della CISL e poi con una richiesta di trasferimento di dodici dipendenti.
Ma come spesso accade ultimamente sembra non essere più una preoccupazione di questa amministrazione.

Cristiano D’Errico

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