CULTURA E SPETTACOLO – LE GRADUATORIE CHE SIAMO STANCHI DI VEDERE

Le graduatorie che siamo stanchi di vedere
L’Assessorato all’industria turistica e culturale della Regione Puglia ha emanato nell’estate 2017 un
avviso pubblico per presentare iniziative progettuali riguardanti lo spettacolo dal vivo e le residenze
artistiche, mettendo a disposizione diversi milioni di euro per i alcuni ambiti: teatro, musica, danza,
arti circensi e cinema.
Già quando il bando fu emanato, alcuni operatori storcevano il naso perché l’avviso faceva
riferimento ad attività dell’anno in corso, finanziando, quindi, retroattivamente un’annualità già fatta,
salvo poi finanziare le successive due annualità; ma soprattutto si storceva il naso per un bando
che includeva tutto nello stesso calderone. Eccezione quest’ultima condivisibile ma che non mi ha
mai trovato molto interessato perché gli effetti negativi di questa “commistione” non mi sono mai, a
dir il vero, sembrati significativi: più che altro funzionali a fare un po’ di polemica.
L’avviso che io stesso ho studiato, differentemente dagli approcci dell’era vendoliana, voleva porre
l’accento non tanto sugli aspetti “quantitativi”, quanto su quelli qualitativi: uno su tutti il criterio di
appartenere all’albo dello spettacolo non era più tra quelli determinanti l’ammissibilità. Quindi,
ampia apertura a progetti di qualità, presentati da Società, possibilmente in partnership.
Il 4 gennaio 2018 viene pubblicata la graduatoria, anticipata da un’altra graduatoria di ammissibilità
tecnica. Siamo al 2018 e la Regione Puglia pubblica gli importi di cofinanziamento a valere sul
triennio 2017-2019. Ciò significa che, i beneficiari si vedranno recapitare a casa diversi denari
dopo aver già fatto la prima o parte della prima annualità. La filosofia è: “il tuo progetto lo avresti
fatto comunque, con o senza contributo regionale”. Del resto c’è chi crede anche agli asini che
volano. Sarebbe davvero troppo virtuoso che fosse così. Conoscendo le sorti dei gruppi che
minacciano sempre di chiudere e le gelide casse della cultura, quasi nessuno si è sognato di
iniziare davvero le attività, ipotizzando un fuori bilancio, ad esempio, di 100.000 euro,
eventualmente coperto da un cofinanziamento laddove fosse stato aggiudicato. I più scafati si sono
inventati un primo anno, o una prima manciata di mesi, di start up, durante la quale “faccio
qualcosa in preparazione”: ovvero resto in attesa di sapere se ho vinto oppure no!
Il punto dolente tuttavia è altro. La graduatoria, che peraltro, conferma quasi in toto, gli esiti che
eravamo abituati a vedere con Vendola, cioè i soliti noti che vincono, ( ci sono però anche nomi
nuovi) crea una sorta di paradosso, che cercherò di spiegare al meglio.
Atteso che i vincitori avranno fatto un ottimo progetto, io mi domando come sia possibile
considerare virtuose realtà che da decenni campano (solo o soprattutto) di soldi pubblici. Realtà
consolidate, che hanno prodotto sicuramente diverse cose meritorie, che vivono solo di
finanziamenti pubblici, come possono ottenere nella graduatoria un punteggio altissimo sulla voce
“sostenibilità”? Se sostenibilità significa continuare gli effetti del progetto anche dopo il
finanziamento e vedessimo retroattivamente la storia di queste realtà, dedurremmo che per loro la
sostenibilità è continuare a prendere soldi pubblici, se, come è vero, dopo aver gestito milioni di
euro pubblici, sono ancora in fila a chiedere soldi alla Regione!
Allora, domando ai signori della commissione, non di darmi contezza di questa manifesta
contraddizione, ma di dirci come pensano di favorire davvero l’innovazione? Quando davvero si
rischierà su una qualità che non sia determinata dal pensiero: “quelli devono per forza avere il
contributo” perché sono realtà storicizzate. Proprio per questo, proprio per la loro storia, se fossero
così “sostenibili”, oggi, non dovrebbero camminare con le loro gambe?
Concludo il pezzo nel convincimento che nulla cambierà, però non per questo si deve rinunciare a
porsi e porre domande, allorché parliamo di progresso e di risorse collettive.
Maurizio Ciccolella
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