ORECCHIETTE E RAPE NELLE MENSE SCOLASTICHE, PERCHE’ NO? INSEGNIAMOLI ANCHE COME SI FANNO

Di Carmen Vesco

Sui social, manco a dirlo, impazza la polemica “cime di rapa sì, cime di rapa no” servite nelle mense scolastiche, anche agli alunni più piccoli. Al di là dei gusti personali, tutto ciò fa riflettere. Orecchiette e cime di rapa è un piatto della tradizione di questo territorio, fa parte della cucina delle nonne e delle bisnonne, e andando più indietro, di molte più generazioni. Le orecchiette sono una pasta tipica locale, che racchiude in sé ben più che un semplice impasto di acqua e farina di grano, ma la memoria delle donne del nostro popolo, che bisognerebbe semmai insegnare nelle scuole, nella tradizione e nella preparazione, e non solo servire. Non fosse altro che per mantenere vivi i ricordi della storia popolare, soprattutto per quei bambini che non hanno la fortuna di svegliarsi all’alba e trovare la propria nonna già al lavoro, foulard in testa, grembiule, maniche ai gomiti e le mani imbiancate di farina, che li mette sullo sgabello e gli spiega come si fanno mentre gli racconta le storie di famiglia, nella lentezza e nel calore dell’arte della cucina. E le rape? Le rape non sono forse il frutto del lavoro dei nostri contadini? Le nostre terre sono coltivate a rape per percentuali elevatissime, rendendo questa coltura la più rinomata del sud e, in particolare, della Puglia. Ovunque si vada, “orecchiette alle cime di rapa” significa Puglia, un po’ come “pizza” significa Napoli.

Allora perché i bambini non dovrebbero mangiarle? Perché dovremmo gridare allo scandalo se una mensa scolastica serve un piatto della tradizione, magari, si spera, a “chilometro zero” come si usa tanto dire, piuttosto che qualche prodotto surgelato arrivato da chissà dove? Vedi il caso della carne polacca servita – violando il disciplinare – fino a poco tempo fa nelle stesse mense delle scuole dove oggi si polemizza per le cime di rapa, ma non si chiede più che provvedimenti siano stati presi allora.

Se c’è qualche motivo che ci sfugge, prego spiegatelo e capiremo.

Ma la verità è che, forse, e non si spera, la mega distribuzione ci ha abituati a trovare più ovvio servire un toast con il contenuto di una scatoletta di tonno, dei sofficini in padella, le merendine dei pacchi da 12, gli hamburger preconfezionati, i brodini precotti, che cucinare qualcosa.

Abituati così tanto da non indignarsi quando sui social un ministro degli interni loda, a migliaia di like alla volta, prodotti di quella stessa mega distribuzione, come la Nutella e i sughi pronti della Star, a rappresentare, e speriamo che all’estero non ci caschino, una tavola italiana di cui ci sarebbe davvero poco di cui andar fieri.

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