ROSY BARRETTA SULLE ZONE ECONOMICHE SPECIALI: UN “NEW DEAL” PER IL SUD

UN “NEW DEAL” PER IL SUD

Con l’approvazione del Decreto legge per lo sviluppo del Mezzogiorno, si aprono le porte su una serie di misure ad hoc volte alla crescita, occupazione e fiducia nel Mezzogiorno. Per la prima volta viene adottato una norma di regolazione economica del territorio con una visione politica ed economica programmatica globale, una tabella di marcia e un modello di governante ad hoc in linea con gli obiettivi della politica di coesione dell’Unione europea.

Fra queste misure spicca la creazione di Zone Economiche speciali (ZES) a burocrazia zero e con agevolazioni fiscali aggiuntive rispetto al regime ordinario del credito d’imposta al Sud (eleggibili investimenti fino a 50 milioni). Due ZES per regioni sono contemplate per ciascuna delle 6 Regioni del meridione (Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna).

Si tratta di una forte spinta per gli investimenti. Un impegno politico ed economico forte del Governo, un “new deal” per il Sud, per cercare di raggiungere la parità di crescita tra Nord e Sud ed incentivare le imprese già operanti sul territorio e le nuove a scommettere sul meridione.

Oramai la direzione di marcia è segnata. Le nuove ZES che verranno istituite in Italia dovranno ispirarsi ad un modello comune di crescita economica (modalità, durata e relativi criteri che ne disciplinano l’accesso in termini economici, finanziari e amministrativi). Esse dovranno puntare ad interagire tra di loro e ad assicurare il pieno collegamento del territorio alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T, rete centrale e globale), ridisegnata  nel 2013 a livello UE. A tal riguardo, nessuno può negare il ruolo nevralgico che assumono le Autorità portuali, oggetti della nuova governance dei porti nel quadro della riforma portuale del 2016, le quali, insieme alle Regioni, assumono un compito centrale in seno al comitato di gestione.

Dalla pubblicazione sulla GURI, vi sono 60 giorni perché il testo di legge si concretizzi in azioni . Entro fine anno, si potrà verificare se il coro unanime di coloro che hanno salutato l’adozione della legge sarà capace di rimanere unito quando si tratterà di non più favorire “campanilismi territoriali” ma di operare per la crescita economica ed occupazionale dell’intero Mezzogiorno .

Nessun dubbio può sussistere sul fatto che l’istituzione di una o due ZES per Regione dove verranno applicate procedure semplificate e regimi particolari oltre a benefici fiscali per le imprese chiederà un intesa tra attori istituzionali ed economici, a volte non evidente ma necessaria, al fine di evitare distorsioni di concorrenza nel pieno rispetto della normativa europea applicabile in materia di aiuti di Stato.

I –Quale ZES per il territorio?

 

Le Zone Economiche Speciali (ZES) sono aree geografiche nell’ambito delle quali un’Autorità governativa offre incentivi a beneficio delle aziende che vi operano, attraverso strumenti e agevolazioni che agiscono in un regime derogatorio rispetto a quelli vigenti per le ordinarie politiche nazionali. Le ZES, presenti nell’UE hanno come obiettivo fondamentale l’aumento della competitività delle imprese insediate, l’attrazione di investimenti diretti, soprattutto da parte di soggetti stranieri, l’incremento delle esportazioni, la creazione di nuovi posti di lavoro e il più generale rafforzamento del tessuto produttivo, attraverso stimoli alla crescita industriale e all’innovazione : “poli di crescita” (growth poles), in linea con gli indirizzi politici della politica dei trasporti marittimi (Dichiarazione della Valletta del 29 marzo 2017) .

 

Le ZES possono declinarsi in modo diverso, dando vita a forme e strumenti specifici di supporto, tra cui:

-Parchi industriali (Industrial Park – IP), definiti come aree sviluppate e divisi in lotti sulla base di un piano generale che comprenda infrastrutture, trasporti, utilities, con o senza unità produttive, in taluni casi con servizi di uso comune a beneficio delle imprese insediate”4.

-Eco-Industrial Park (EIP): comunità di imprese manifatturiere e di servizi alla ricerca di migliori performance dal punto di vista economico e ambientale attraverso la collaborazione nella gestione di elementi quali energia, ciclo delle acque, riciclo di materie prime e così via.

-Parchi Tecnologici (Technology Park – TP): secondo l’International Association of Science Parks (IASP), si tratta di organizzazioni gestite da soggetti specializzati, il cui scopo è promuovere la cultura dell’innovazione e la competitività delle imprese associate e delle altre istituzioni coinvolte.

-Zone Franche (Free trade zones – FTZ): aree delimitate esenti da dazi e/o imposte che offrono strutture per lo stoccaggio e la distribuzione per operazioni di commercio, trans-shipment e re-export.

-Distretti per l’innovazione (Innovation District – ID): spesso sviluppati nelle aree urbane, possono essere definiti come un ecosistema di innovazione top-down costruito in base a modelli multidimensionali di innovazione tesi a rafforzare la competitività delle aree interessate.

 

II- Quale sistema di governance ? I compiti da fare

 

Al comitato d’indirizzo spetterà, ferme restando le competenze che la normativa nazionale e comunitaria attribuiscono alle autorità doganali o altre autorità, gestire l’area ZES attraverso:

elaborazione di un business plan (normalmente con durata triennale o quinquennale):

individuazione dei requisiti tecnici ed economici necessari per consentire l’insediamento di un’impresa; definizione di procedure amministrative e burocratiche semplificate per la realizzazione degli investimenti; realizzazione delle opere infrastrutturali e di servizio funzionali allo sviluppo dell’area (rete di trasporto, telecomunicazioni, sicurezza, fornitura energetica, ecc.); determinazione dell’iter procedurale, delle condizioni e dei termini per la concessione o la vendita di terreni o immobili; realizzazione di attività promozionali e di comunicazione nei confronti dei potenziali investitori; – supervisione di tutti gli aspetti amministrativi e burocratici connessi alla gestione della ZES.

 

III – LE ZES nell’UE

 

Una volta definita l’architettura interna di ciascuna ZES, esse dovranno essere notificate a Bruxelles e ottenere il vaglio dei servizi competenti della Commissione europea per verificare la loro compatibilità con le regole in materia di Aiuto di stato (Articolo 107 del TFUE)

 

Dal punto di vista generale, le tipologie di agevolazioni concedibili sono suddivisi in due tipi:

Aiuti agli investimenti: in Italia, le zone che possono beneficiare di aiuti a finalità regionale agli investimenti ai sensi delle norme UE, sono 6 : Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna, che aggregano una popolazione totale di 20,6 milioni di abitanti.

– Aiuti al funzionamento: in aggiunta agli aiuti agli investimenti, la normativa europea prevede la possibilità che le PMI possano ottenere agevolazioni volte a ridurre le spese correnti di un’impresa non legate a un investimento iniziale. Tali spese includono i costi del personale, dei materiali, dei servizi appaltati, delle comunicazioni, dell’energia, della manutenzione, di affitto, di amministrazione ecc., ma non i costi di ammortamento e di finanziamento se questi sono stati inclusi tra le spese ammissibili al momento della concessione delle agevolazioni per investimenti. Gli aiuti a finalità regionale destinati a ridurre le spese correnti di un’impresa costituiscono aiuti al funzionamento e sono ritenuti compatibili con il mercato interno, in determinate condizioni (compensare svantaggi specifici o permanenti riscontrati dalle imprese nelle regioni svantaggiate;prevenire o ridurre lo spopolamento nelle zone a bassissima densità demografica.

Le principali Zone Economiche Speciali in vigore in Europa – Le Best practices da cui ispirarsi

In Italia, al momento si registrano 4 aree in qualche maniera ricadenti nel modello “free tax”:

  • Porto Franco di Trieste, che rappresenta un caso peculiare nell’ordinamento giuridico italiano e comunitario (considerazioni storico-politiche che ne segnarono l’istituzione). Maggiori informazioni:
  • Porto franco di Venezia: la Venice Free Zone (VFZ) è il Punto Franco doganale del Porto di Venezia, i cui vantaggi economici possono essere ricondotti principalmente al fatto che le merci provenienti da Paesi esterni all’Unione Europea possono rimanere nella Venice Free Zone mantenendo lo stato estero.
  • Zona franca del porto di Gioia Tauro: si tratta della prima Zona Franca non interclusa in Italia, istituita dall’Agenzia delle Dogane il 1° agosto 2003.
  • Zona Franca del porto di Taranto – costituita presso l’area portuale – è stata qualificata come “non interclusa” con l’obiettivo di agevolare l’esercizio semplificato delle attività di import/export senza il pagamento di alcun dazio per le movimentazioni condotte nel perimetro.

Nell’Unione Europea, sono già operative circa 91 Zone Franche (comprensive delle ZES), alcune delle quali possono essere individuate come vere e proprie best practices:

–    Portugal (Madeira): Istituzione, nel 1980, di una free trade zone (FTZ), che grazie a specifici accordi ha mantenuto anche successivamente il regime di agevolazioni in essere. Le società operanti nell’ambito della FTZ, oltre ad esenzioni o agevolazioni fiscali in materia di imposte sui redditi, beneficiano di rilevanti vantaggi anche in relazione ai dazi doganali. Maggiori informazioni: http://newsletters.usdbriefs.com/2015/Tax/WTA/150821_9.pdf

  • Polonia: La Polonia è la nazione che conta il numero maggiore di ZES, 14, il cui principale beneficio è costituito dall’esenzione fiscale sulle imposte sul reddito. In aggiunta agli aiuti agli investimenti la normativa europea ammette la possibilità che le piccole e medie imprese possano ottenere aiuti destinati a ridurre le spese correnti di una impresa non legate a investimenti iniziali.

Rosy Barretta

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