Ci sarebbero degli errori macroscopici alla base della richiesta che una ex ragioniera dell’Autorità Portuale (assunta a tempo determinato fino al 2011) avrebbe posto alla base di un precetto attraverso cui si intima all’ente portuale di pagare la somma di ben 129.000 euro a seguito di un pronunciamento della Corte d’appello di Lecce. Un precetto a cui ha fatto seguito anche un pignoramento presso terzi effettuato dalla legale della ex ragioniera, per un importo complessivo di circa 200.00 euro.
In realtà, come precisa in maniera molto chiara l’ente presieduto da Ugo Patroni Griffi nell’opposizione al precetto ed allo stesso pignoramento, la Corte di Appello di Lecce ha stabilito che alla ricorrente sarebbe spettata, a titolo risarcitorio, una indennità pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione, oltre agli interessi legali dal 2011 ad oggi. Ed in effetti, nell’ottobre scorso l’ente ha liquidato alla ex ragioniera la somma di 12.339 euro, oltre a circa mille euro di interessi. Nell’atto di precetto, invece, la ricorrente pretende una somma totale di oltre 140.000 euro a cui vanno detratti i 12.000 euro già versati. Ed è su questo che si basa l’opposizione dell’ADSPMAM, visto che tale importo discenderebbe “dall’illegittimo e macroscopicamente erroneo richiamo alla ‘retribuzione utile TFR’ di 21.000 euro” che poi il legale dell’ex ragioniera ha moltiplicato per sei (come se lo stipendio ordinario della sua assistita fosse stato di 21.000 euro al mese!).
L’udienza davanti al giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Brindisi è stata fissata per il prossimo 27 febbraio. IN quella sede l’Autorità Portuale eccepirà anche il fatto che la sentenza della Corte d’appello di Lecce non può considerarsi titolo esecutivo, visto che la caondanna al pagamento di sei mensilità è decisamente generica, in quanto non consente di determinare l’ammontare del risarcimento.
