CORONAVIRUS, RIFLETTIAMO? MENTRE SI RUBANO I DISPENSER DELL’AMUCHINA DALL’OSPEDALE, I PREZZI SCHIZZANO. TRA PSICOSI E IGNORANZA

di Carmen Vesco

Coronavirus. Ora si rubano anche i dispenser dell’Amuchina dagli ospedali. E’ accaduto a Brindisi, all’ospedale Perrino dove, già nei giorni scorsi, erano stati portati via, dato che vi erano stati apposti dei lucchetti che, però, non hanno sortito nessun effetto. E, ora, quei dispenser si trovano nuovamente sprovvisti della boccetta.

E mentre alcune farmacie del Salento hanno deciso di regalarla, l’Amuchina, altri si impegnano a farne diventare la nuova frontiera del contrabbando (in questo video l’incredibile rincaro dei prezzi di vendita on line). Ma il bene e il male, si sa dall’alba dei tempi, coesistono, o dovrebbero coesistere, in perfetto equilibrio, però tutto ciò, a volersi “avventurare” (che fatica) oltre la notizia di cronaca, o meglio il suo titolone, obbliga a una riflessione.

Quanto sta accadendo ci mostra la fragilità dinanzi alle nostre già radicate paure e a quelle che ci vengono indotte? E questi sentimenti si traducono in psicosi? E’ l’ignoranza (purtroppo oggi più contagiosa che ieri), cavalcata da più parti, che si trasforma facilmente in psicosi?

Già detto, è vero, la circostanza non è nuova, ci hanno fatto fior fior di campagne social-elettorali intorno. Ma riproponiamo la riflessione.

Il caso dei dispenser dell’Amuchina rubati, nonostante i lucchetti utilizzati dall’Azienda sanitaria locale per dissuadere i ladri (e già questo basterebbe per spaventare di più del virus), è riportato dai media così come vengono di continuo riportate notizie sul “caso” Coronavirus che lasciano a dir poco sconcertati.

Uno per il fatto in sé, due (ben più grave) per come vengono (superficialmente) trattati.

Non in ultimo, ma altrettanto eclatante, il caso del Governatore della Lombardia, Attilio Fontana, che si presenta in diretta Facebook (ricettacolo di virus più di parecchi ospedali) con la mascherina per annunciare l’avvenuto contagio all’interno del suo staff, “della brava” (e almeno risparmia il nome della povera possibile untrice) collaboratrice. Contestualmente, annuncia che, nonostante il risultato negativo al contagio del virus, tutti quelli dello staff più stretto si sono auto-imposti la quarantana, per precauzione nel caso si positivizzino (su questo andrebbero chiesti effettivi riscontri ai medici, seppur vero che la scienza ha ammesso i suoi limiti di conoscenza nei “non si sa” dell’Oms su diverse domande relative al caso Covid-19). Buon esempio di corretta prassi di prevenzione, o contributo all’allarmismo e alla suddetta psicosi, con dubbi risvolti propagandistici? E via a scatenarsi dei commenti al vetriolo tra “complottisti” e “anti-complottisti”. 

La donna che è guarita dal Coronavirus ha rilasciato una intervista disarmante in cui dichiara che non ha avuto neanche la febbre e che, sì, ha preso una pillola “ma per il mal di testa” datole da “tutto questo casino” e la sentenza è “mi sembra che siamo diventati tutti scemi”. E volete sapere perché (almeno uno dei perché) tutta questa serenità, o ad altri sembrerà superficialità, nei confronti del virus? “Io non ho Facebook” ha raccontato.

Senza fare il nome del quotidiano, qualche giorno fa ci è stato segnalato un caso di un titolo allarmante relativo a un articolo su un contagio gravissimo veicolato a mezzo Facebook, tanto per cambiare, ad aprirlo il link rimandava a un più moderato articolo di cronaca, con dati e notizie realistici e niente affatto spaventosi. Ma indovinate un po’? La maggior parte dell’emoticon erano tra il triste e l’arrabbiato e il numero di commenti dai quali si evinceva che nessuno lo aveva aperto (l’articolo) era quello sì davvero allarmante.

Non si vuole demonizzare certo il social network che da’ da lavorare a molti, ma la professionalità nelle notizie di un certo genere deve avere, inderogabilmente, la priorità su tutto, soprattutto sui “like” nei social o “voti” nelle urne. E non per un mero scrupolo deontologico, ma per il bene vero di tutti: “tutto questo casino” alimenta ignoranza, che alimenta azioni tra il deprecabile e l’illegale, come il 33enne che non ha informato della sua condizione dopo essere tornato dal zona focolaio di contagio (e che ora si addita come la peste, ma che si sarebbe additato comunque come untore se avesse fatto il suo dovere, ahinoi), o come rubare l’Amuchina o venderla a quanto pare e piace cavalcando l’onda del terrore. Cose che certo non contribuiscono né a preservare la nostra salute (ora l’ospedale, solo per fare un esempio, dove ci sono sicuramente virus, è sprovvisto di quella minima misura di prevenzione, e già ci si lamenta che “fa schifo”), né contribuisce alla nostra economia che sta vivendo uno stallo (nello stallo) incredibile (chiedetelo agli imprenditori), né alla crescita del Paese, sotto ogni aspetto.

Allora, lungi dall’essere sprovveduti, da un lato, o ipocondriaci, dall’altro, vale sempre la buona regola lasciataci dai latini “in medio stat virtus”: che si traduce facilmente in “informiamoci, ma informiamoci bene” oltre i titoloni.

Ché a essere superficiali nei confronti dei virus si comincia dall’informazione, non dalle pratiche igieniche.

Condividi questo articolo:
Share on facebook
Share on twitter
Share on telegram
Share on whatsapp
no_fumo_torchiarolo

what you need to know

in your inbox every morning