REFERENDUM: L’ULTIMO APPELLO CON LE RAGIONI DEL “SI”

Perché Sì…

Semplificazione del quadro istituzionale, abbattimento dei costi della politica, maggiore efficienza dell’iter legislativo. Sono questi i temi principali alla base delle ragioni del Sì.

Mancano ormai ore al grande appuntamento referendario di domenica 4 dicembre. Mesi e mesi di campagna elettorale e di scontro fra le forze politiche schierate sui due fronti opposti: un aspetto comprensibile alla luce della portata storica di quest’evento. Gli italiani, infatti, saranno chiamati a scegliere se accettare oppure no il progetto di riforma costituzionale, firmato Renzi-Boschi e licenziato dal Parlamento dopo due anni di lavoro.

In questi mesi, ormai possiamo dirlo, le nostre iniziative hanno suscitato una grande attenzione. E questo non può che essere un segnale rassicurante di sensibilità civica rispetto a temi, come la riforma costituzionale e quindi tutto il dibattito referendario, che possono sembrare lontani dalla vita di ogni giorno.

In questi mesi abbiamo sostenuto le ragioni del Sì in un modo semplice: spiegando la riforma e sgombrando il campo da ogni prevenzione, pregiudizio, attacco strumentale, e da quello spirito contraddittorio che il più delle volte mette i piedi nella scarsa informazione e conoscenza. E il dato che più ci piace sottolineare è l’interesse della gente, l’attenzione, le domande, il desiderio di capirci di più, l’esigenza di arrivare al voto con la consapevolezza di ciò che si sta votando.

Il prossimo 4 dicembre può diventare davvero una data storica per il nostro Paese, una fase nuova che vedrebbe l’Italia correre per prendersi il proprio futuro al fianco delle più moderne democrazie europee. La nostra è una bella Costituzione, ed è bella perché le sue parole rivelano lo spirito di quegli Italiani che volevano riscattare il Paese, risollevarlo e costruire una dignità nazionale dopo tanti anni di oppressione. È bella ma oggi è fortemente decontestualizzata dal tempo che stiamo vivendo, dalle sfide che occorre accettare in fretta per non fare a meno del futuro. E allora, se è giusto conservare i valori fondativi della nostra Repubblica, quelli impressi nella prima parte della Costituzione, è altrettanto necessario rivedere la macchina organizzativa, quella descritta nella parte seconda, per renderla più moderna, più veloce, più efficiente e competitiva.

Sì adesso o mai più: può sembrare uno slogan ma sottende a una grande verità. Perché quello del 4 dicembre è un treno che non può essere lasciato passare invano. Prima di tutto perché finalmente, dopo anni di attesa, una riforma è stata varata. Un’occasione più unica che rara attraverso la quale sarà possibile finalmente aprire una nuova stagione politica ed istituzionale. Con l’abolizione del Senato tradizionale sarà più facile costruire un percorso legislativo chiaro e veloce, evitando la “spoletta” dei testi di legge tra Camera e Senato che oggi hanno le stesse funzioni: un bicameralismo ‘perfetto’ che esiste solo in Romania. Nel testo della riforma è contemplata anche una consistente riduzione dei costi della politica. Sia grazie all’abolizione definitiva delle province, sia per la riduzione del numero dei senatori da 315 a 100.  La retribuzione dei consiglieri regionali sarà equiparata a quella dei sindaci dei comuni capoluogo di regione. Prevista anche l’abolizione del Cnel, ente che in settant’anni di storia ha promulgato pochissime proposte legislative.

L’operazione si completa con la riforma del titolo V, che riguarda le competenze delle Regioni e quelle dello Stato. Un tema già oggetto di riforma nel 2001 che però ha creato un enorme conflitto di attribuzione delle competenze che ha ingolfato il lavoro della Consulta.

Tra i temi più caldi dei sostenitori del Sì, anche quello legato all’omologazione dei costi della sanità tra le diverse regioni italiane. Il nuovo assetto istituzionale, garantendo una maggiore efficienza dell’iter legislativo, con un risparmio notevole in termini di tempo e di costi, creerà condizioni ottimali per gli investitori internazionali, oggi impauriti dall’elevata burocrazia di questi processi.

Oggi dobbiamo scegliere se consegnare alle generazioni future un Paese in grado di rispondere alle trasformazioni della modernità, con istituzioni più semplici e funzionanti, con più spazio alla partecipazione dei cittadini e una democrazia che governa. Questa è la riforma di chi vuole il cambiamento, di chi vuole guardare al futuro, di chi vuole ridurre le disuguaglianze. Votare Sì al referendum e confermare la riforma significa dire Sì a un percorso di cambiamento del Paese capace di mettere i giovani nelle condizioni di innovare il presente e progettare il futuro.

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