Anno scolastico nuovo, problemi vecchi e, se possibile anche di più. Non è un mistero che l’organizzazione scolastica per istituti comprensivi, dove coesistono diversi ordini di istruzione, dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di primo grado passando per la scuola media, abbia portato con sè problemi organizzativi e strutturali. Brindisi Time inizia oggi un viaggio nei comprensivi di Brindisi per evidenziare criticità e bisogni. Abbiamo incontrato la dirigente scolastica dell’istituto comprensivo S. Elia-Commenda, Lucia Portolano. Il suo comprensivo consta di otto plessi, tre dell’infanzia, tre di primaria e due di secondaria di primo grado, un totale di 905 studenti con esigenze diverse dettate dalla differenza di età e di classi frequentate. “La prima difficoltà con la quale dobbiamo fare i conti – dice la professoressa – è legata proprio alla diversa dislocazione, in quartieri diversi con un tessuto sociale diverso. Nelle nostre scuole abbiamo settantuno disabili medio-gravi e cento ragazzi BES, ovvero con bisogni educativi speciali”. E’ facile intuire come la gestione materiale di queste situazioni sia l’emergenza più grave. Il comprensivo dispone di tredici collaboratori scolastici, figure essenziali per la vigilanza degli studenti. Secondo la Dirigente ne occorrerebbero almeno due per plesso, ed è questa la richiesta che è stata avanzata e che la Portolano si augura venga soddifatta. Deficit del personale riguarda anche il personale amministrativo. Quattro unità, dirigente compresa, che devono sobbarcarsi un carico di lavoro decisamente esagerato, lavoro che viene coordinato dalla dirigente che assume quindi un ruolo di factotum alle prese con problemi di natura diversa. E’ sempre lei a doversi occupare di problemi strutturali, di intrattenere rapporti con il Comune, con i tecnici, con i genitori e con le colleghe degli altri comprensivi che incontra periodicamente per aggiornarsi e condividere esperienze. La rete dei comprensivi, attuata due anni fa per volontà dell’allora assessore Gioacchino Margarito, è uno strumento importante che consente di strutturare al meglio il lavoro organizzativo anche per quanto riguarda l’impostazione didattica che deve rendere uniforme il percorso curriculare di tre diversi ordini di scuola presenti nel comprensivo.
Ma dove la dirigente incontra le maggiori difficoltà è sull’utenza dei diversamente abili, abbastanza corposa. Settanta studenti medio-gravi e cento Bes (Bisogni educativi speciali), non sono numeri trascurabili. “Purtroppo a questo elevato numero di studenti non corripsonde un altrettanto numero di insegnanti di sostegno e di assistenti alla persona. Succede così- ci spiega la Dirigente – che uno stesso docente di sostegno debba seguire due bambini a volte con disabilità molto gravi. Stesso discorso con gli assistenti alla persona”.
Ciò che preoccupa la dirigente è che la scuola accoglie il problema disabilità,ne registra gli effetti ma non può occuparsi da sola di risalire alle cause di questa presenza corposa. Ecco allora che arriva la richiesta di aiuto. “Mi piacerebbe che il Comune mi consentisse di aprire la scuola di pomeriggio, aprirla non agli studenti, ma ai genitori, perchè spesso alcuni problemi possono essere risolti intervendo sul sistema famiglia. La mia idea è di avviare le famiglie non all’alfabetizzazione vera e propria, ma ad una scuola di vita e di cittadinanza. Occorre agire per step precisi, attuando una mappatura per individuare il numero di diversamente abili per ogni comprensivo, dei BES, divisi per tipologia, istituire un tavolo di lavoro al quale siedono scuola, Comune, Asl per individuare le cause e i percorsi per la rimozione delle stesse”.
Fin qui i problemi relativi alla gestione educativa e del personale. Ovviamrente non mancano i problemi legati alla logistica e anche qui arriva una palese richiesta di aiuto.
“Se da un lato sono riuscita a risolvere velocemente problemi strutturali in una delle mie scuole – ci racconta – con l’intervento tempestivo dei tecnici comunali, dall’altro devo lamentare la lentezza della macchina organizzativa del Comune. L’esempio classico è quello della pulizia degli spazi esterni alla scuola che per noi rappresentano in tante occasioni, spazi didattici. Dopo la prima richiesta scritta al Comune, devono seguire numerose telefonate di sollecito prima che l’intervento veda la luce. Un dirigente non può passare le ore al telefono. Il Comune deve individuare una modalità di risposta immediata alla richiesta della scuola, occorre definire dei ruoli precisi”.
Obiettivi decisamente impegnativi ma non impossibili. La scuola forma il cittadino del futuro e per farlo ha bisogno di lavorare con tutti gli strumenti didattici ed educativi disponibili.
E’ chiaro ed evidente che i dirigenti non possono essere lasciati da soli in questo percorso verso la buona scuola, vanno affiancati e supportati con mezzi e personale. La sensazione però è che la strada sia ancora lunga e tutta in salita.