Nessuno ha mai messo in discussione la cultura, né l’importanza di promuoverla. Così come nessuno contesterebbe l’uso gratuito di spazi comunali per attività sportive, sociali o a sostegno del commercio.
Il punto non è cosa si promuove. Il punto è chi lo fa, come lo fa e con quali benefici.
Qui non si discute della qualità del libro del sindaco né del valore della rassegna “Pagine Erranti”. Si discute del fatto che il sindaco abbia proposto — e fatto approvare da una Giunta composta da assessori da lui nominati — la concessione gratuita di un bene pubblico per promuovere un libro scritto da lui che, in quella occasione, sarà posto in vendita, e da cui lui (e/o il suo editore) ricaveranno un guadagno.
Questo è il nodo: l’utilizzo di strumenti dell’amministrazione per finalità da cui può derivare un beneficio personale.
Una questione di opportunità istituzionale, prima ancora che giuridica.
Parlare di “polemica strumentale” serve solo a nascondere il disagio di una delibera che espone l’intera Giunta a un problema di credibilità: davvero si ritiene normale firmare un atto che genera vantaggi economici diretti al proprio sindaco?
Non sarebbe stato più serio, e più rispettoso delle istituzioni, che il libro continuasse ad essere presentato — com’è già accaduto in altre sedi — senza alcun coinvolgimento formale o economico dell’amministrazione?
Non sarebbe stato più corretto che il sindaco si astenesse dal proporre una delibera in cui è, al contempo, parte proponente e beneficiario?
Chi governa ha il dovere di evitare ogni forma, anche solo apparente, di sovrapposizione tra interesse pubblico e utilità privata.
A maggior ragione quando si tratta di spazi comunali e atti ufficiali che generano un ritorno economico.
Più che attaccare chi pone una questione legittima, chi sostiene il sindaco dovrebbe riflettere su un dato semplice: nessun amministratore dovrebbe mai proporre una delibera che produce vantaggi per sé.
Chi rappresenta la città ha il dovere di restare un passo indietro. Sempre.
Oreste Pinto (Pd)