Comunicato stampa di Tommaso Gioia, consigliere per la Sanità della Regione Puglia.
Più leggo i comunicati del consigliere Amati, più mi convinco che continui a credere di avere a che fare con persone sprovvedute. Solo tre giorni fa affermava:
“Ricordo che la decisione d’internalizzare è stata assunta dalla ASL di Brindisi con le delibere del 5 e del 13 agosto 2025 e in conformità con le note dell’Assessorato regionale alla Salute dell’11 luglio e dell’8 agosto 2025.”
Bene. Quelle delibere della Asl di Brindisi dicono tante cose. Parlano chiaramente delle difficoltà e delle perplessità legate all’ipotesi di internalizzazione, evidenziando anche il rischio che una parte del personale possa restare esclusa.
Nelle note del Dipartimento che lui stesso cita, è scritto nero su bianco che soltanto 37 lavoratori risultano compatibili con l’internalizzazione. Gli altri resterebbero fuori.
L’intera operazione di internalizzazione si regge su un presupposto fondamentale: la convenienza economica rispetto alla gara per l’affidamento all’esterno del servizio. Questo presupposto viene meno se si procede all’assunzione di tutto il personale.
Come può, dunque, il Direttore Generale assumere tutti se deve attenersi alle indicazioni del Dipartimento?
Ricordo al consigliere Amati che esiste una nota firmata dal direttore generale che quantifica i costi: con tutto il personale circa 2.807.000 euro; con i 37 lavoratori indicati dal Dipartimento: circa 2.200.000 euro. Soltanto in quest’ultima ipotesi l’operazione è economicamente sostenibile. Quindi le note del Dipartimento sono centrali: è proprio la riduzione del personale a rendere possibile e conveniente l’internalizzazione.
Evidentemente abbiamo una visione molto diversa della realtà. Anche i sindacati, pur essendo favorevoli – come noi – all’internalizzazione, hanno espresso numerose preoccupazioni. Basta leggere i comunicati stampa e i verbali delle riunioni: parlano chiaro.
Inoltre, sul personale escluso e sul PTFP della Asl di Brindisi il consigliere scrive che “l’organico complessivo richiesto per un modulo da 60 pazienti – come avvenuto a Campi Salentina – è di 51 unità di personale più 4 medici specialisti convenzionati, per un totale di 55 unità.”
Peccato però che il Dipartimento, con nota dell’11 agosto, per un modulo da 62 pazienti, preveda solo 37 unità. Anche qui, basta leggere. E lasciamo perdere i ringraziamenti ai manager di Lecce e Foggia: nessuno di noi ha mai pensato di accusare quei dirigenti di illegalità. Hanno agito in forza di una legge.
Anzi, concordo: in una stessa Regione non possono esistere regole diverse. Per questo motivo, i provvedimenti già assunti per le RSA di Campi Salentina, Troia e San Nicandro Garganico devono valere anche per Ostuni e per tutte le 11 RSA della Puglia. Niente scorciatoie, niente furbizie.
E sia chiaro: né noi né i sindacati vogliamo dismettere la RSA di Ostuni o altri servizi sanitari. Forse è qualcun altro a voler depotenziare i nostri ospedali.
E allora basta parole. Facciamo un incontro pubblico e, carte alla mano, discutiamo apertamente con i lavoratori, i sindacati, i cittadini. Per la verità e per offrire ad ognuno il nostro supporto supporto in questa delicata fase di procedura del licenziamento collettivo avviato dalla cooperativa sociale Medihospes, gestore della Rsa di Ostuni.