Altrove chi ha ricevuto dal territorio regala infrastrutture. A Brindisi scappano via senza neanche salutare…

A Tortona è stata inaugurata la nuova arena da 5mila posti: una struttura moderna, polivalente e sostenibile che sarà la casa della Bertram Derthona Basket e un centro capace di ospitare concerti, eventi e spettacoli, diventando così un autentico polo di aggregazione. Un’opera resa possibile dalla visione e dalla generosità di Beniamino Gavio, che ha voluto restituire alla sua città parte di quanto ricevuto nel corso della sua vita. “Ho avuto tanto da questo territorio – ha dichiarato – e desidero che la Cittadella diventi un luogo aperto a famiglie e giovani, un motore di socialità e sviluppo”. L’esempio di Tortona apre inevitabilmente una riflessione su quanto accade in altre realtà del Mezzogiorno, a partire da Brindisi. Qui, nonostante la presenza per decenni di grandi multinazionali dell’energia e della chimica (Enel ed Eni su tutte), che hanno generato immensi profitti, il territorio non ha mai ricevuto in cambio infrastrutture strategiche o opere simboliche capaci di generare valore e coesione sociale. Al contrario, il sistema industriale dominante ha progressivamente depauperato il tessuto economico locale: molte imprese del territorio, invece di crescere e consolidarsi, sono state schiacciate dal peso dei subappalti e dalle dinamiche dei massimi ribassi che hanno prodotto fallimenti e desertificazione imprenditoriale. Tortona oggi raccoglie i frutti di un modello che valorizza il rapporto virtuoso tra impresa e comunità. Brindisi, invece, resta ancora in attesa che si affermi una visione capace di restituire al territorio ciò che per decenni è stato tolto: ricchezza, infrastrutture, opportunità e orgoglio. Enel ed Eni, nonostante i proclami, continuano a tenere in “ostaggio” la città e il suo porto, impedendo di fatto un vero percorso di rilancio economico. Oggi quantomeno è giunto un impegno di massima a salvaguardare le buste-paga di lavoratori diretti e dell’indotto, ma non è questo – non può essere questo! – il futuro di Brindisi.

Tra l’altro, gli esiti del tavolo interministeriale convocato oggi a Brindisi lasciano accesa una speranza, ma siamo lontani ancora tanto dalla concretezza.

51 manifestazioni di interesse per 61 progettualità. E’ su questo che a Brindisi, infatti, si attende da cinque mesi un segnale del Ministero delle Imprese e del made in Italy dopo che il tavolo sulla decarbonizzazione ha partorito una manifestazione di interesse ed un impegno a dar vita ad un accordo di programma per Brindisi.

Oggi i funzionari ministeriali, alla presenza del prefetto e commissario di Governo Luigi Carnevale e dei rappresentanti delle istituzioni, così come dei sindacati e delle associazioni di categoria, hanno fatto il punto sulla situazione. Il problema che preoccupa, però, sta nel fatto che dei 61 progetti 21 non avrebbero aderenza nell’ambito della transizione verde e ambientale, ben 40 non avrebbero la disponibilità delle aree per poter fare gli investimenti, e 42 avrebbero un impatto occupazionale tra medio e basso. Inoltre solo 12 hanno un grado di progettualità elevato e il tasso di innovazione risulterebbe strategico solo per tre progetti, mentre per almeno quaranta sarebbe modesto.

Ma merita attenzione soprattutto il problema della disponibilità delle aree che avrebbero solo in 19, mentre due non avrebbero indicato neanche in quali aree intenderebbero investire e 40 le hanno indicate ma le stesse aree non sono al momento disponibili.

Insomma, una situazione complessa che merita qualcosa in più rispetto ad una riunione del tavolo ogni quattro-cinque mesi e ad una istruttoria che viaggia ancora a ritmi blandi.

E nel frattempo Brindisi non deve rimanere a guardare. Serve la massima condivisione su scelte coraggiose e su investimenti reali e proponibili e non le inutili e fumose fughe in avanti a cui siamo stati abituati da Confindustria negli ultimi anni (è evidente che, a questo punto, le speranze sono riposte nel nuovo corso a guida Danese).

Una Brindisi protagonista del suo futuro, insomma, con un richiamo alle responsabilità di ciascuno, a cominciare dai grandi gruppi industriali (quelli già presenti e quelli che sperano di insediarsi, sia pure utilizzando denaro pubblico) e con una guida istituzionale autorevole e lungimirante.

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