OPINIONI – ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL QUARTIERE BOZZANO

Qualche giorno addietro, un seguito tabloid locale ha pubblicato un articolo che ha trattato, con dovizia di particolari, la tematica riferita alla evidente fragilità sociale ed esistenziale in cui versa uno dei quartieri più popolosi di Brindisi, il rione Bozzano, nato nei primi anni ’70 e progettato per essere un agglomerato urbano con grandi ambizioni.

Destinato a “soddisfare le esigenze di una cittadinanza appartenente, grosso modo, al modello sociale di classe media ed a sostenere la realistica spinta verso l’alto di una città dai tanti colori e dai tanti sentimenti tutti tendenti, ahimè, al grigio scuro, col tempo, invece, lo stesso quartiere, vuoi per la “persistente crisi economica, vuoi per una  indubbia fiacchezza culturale, ancorché per la perenne incertezza amministrativa che caratterizza l’intera cittadina”, ha avuto una evoluzione ben diversa rispetto alle fiduciose aspettazioni riposte all’atto della sua genesi, che lo prevedevano come un “positivo modello di riferimento urbanistico”.

In effetti Bozzano, contro “ le suggestioni di chi lo ha pensato, è diventato un quartiere poco più che un dormitorio col doppio bagno, tanti quanti solitamente se ne trovano nelle civili abitazioni e nulla più”.

Le case, la viabilità, gli spazi pubblici, i servizi, pure esistenti ma impietosamente trascurati, non hanno assicurato quella degna vivibilità che si è presupposta all’atto dell’apposizione della “prima pietra”.

Vivibilità resa ancora più ardua dagli accadimenti che hanno caratterizzato il quartiere nel tempo, sottoposto, ancorché ai continui e criminali attacchi della malavita, anche a eclatanti situazioni che hanno avvilito e sfiduciato il proprio essere interiore. Situazioni di violenze e vessazioni, queste ultime (prevosto della parrocchia arrestato per abusi sessuali su minori, pseudo veggente con mansioni di responsabile del coro arrestata per truffa) che hanno  minato profondamente quel senso di affidamento e di sicurezza generato dalla speranza e stima verso talune istituzioni. Come la chiesa, appunto!

Ma da cittadino del rione, anche se scosso ed umiliato da vicende lontanissime dalle mie convinzioni e dalle mie abitudini culturali, non posso che rappresentare, forse spinto da un certo senso di difesa che inconsciamente porta a rendere applicabile il vecchio aforisma che traduce nel mezzo gaudio il mal comune, che, al di là di determinati e censurabili  atti, come quelli appena riportati in parentesi, certamente condizionanti il pathos rionale, il malessere diffuso, palesemente palpabile nel quartiere, è riscontrabile nell’intero tessuto sociale cittadino.

Anni ed anni di “sopore”, di colpevole, malefico  “rilassamento” hanno permesso l’incancrenirsi di una società “liquida” in cui non si hanno più punti di riferimento certi, in cui i valori sono in crisi e le incertezze per il futuro personale e collettivo hanno preso il sopravvento sulle sicurezze di un tempo.

 

In effetti, appare fin troppo evidente che in città la fiducia reciproca si è ormai persa nelle relazioni sociali con il predominio della diffidenza e del sospetto diffuso, insieme ad un cinismo dilagante che ridicolizza i buoni sentimenti e gli eventuali progetti per il futuro. Sembra, e non credo sia un assunto pessimistico, che i brindisini abbiano smesso di sognare una vita migliore e si siano chiusi in una aridità sostanziale che è certamente l’anticamera della decadenza collettiva.

 

Di tutto questo bisogna prenderne atto con immediatezza e con immediatezza porne rimedio.

 

Non appare facile, ma, come rappresentato in altre circostanze, si ha estrema necessita uno scatto di orgoglio, di un sussulto civico indispensabili per tirarsi fuori da una deriva sociale e culturale che ha ingenerato un evidente collasso diffuso. I brindisini, in questo momento, hanno bisogno di punti di orientamento numerosi e certi. Necessitano di una prospettiva entro cui muoversi, per non appiattirsi, come in effetti accade, sull’adesso e vivere di conseguenza alla giornata. Occorre, in estrema sintesi,  recuperare sia la condivisione di cultura e valori, sia la buona reputazione degli interlocutori, a partire dall’ente centrale della vita cittadina che è il Comune; ente, questo, che si è sempre caratterizzato in negativo, purtroppo, per l’improvvisazione della sua azione, per l’incapacità a costruire una programmazione di lungo periodo, per l’approccio ora terroristico, ora superficiale alle questioni ambientali, dimostratisi poi, allo stato dei fatti, comportamenti nemici dei processi di sviluppo. E a Brindisi questa è stata la cultura dominante della classe dirigente.

 

Forse il Bozzano “tradito” e “smarrito” che cerca con forza di rifarsi una vita, partendo in primis dagli ottimi e stimolanti  nuovi approcci  parrocchiali, potrà rappresentare l’apripista cittadino di un tracciato di discesa che porti Brindisi fuori da quel “culo di sacco”  malefico, deleterio e pernicioso, ma ciò sarà possibile solo a condizione che tale percorso, per ottenere i risultati sperati, dovrà essere condiviso da tutti, senza eccezione alcuna.

Francesco D’Aprile

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