ACQUE CHIARE: DIETRO QUEL CANCELLO CHIUSO I FALLIMENTI DI UNA CITTA’ CHE NON VUOLE CRESCERE

Il prossimo appuntamento con la Giustizia per i proprietari delle ville di Acque Chiare è fissato a maggio, in Corte d’Appello. E’ una tappa importante per dimostrare di aver agito in buona fede e quindi per evitare la confisca dei beni. Nel frattempo, in sede civile, i proprietari hanno chiesto un risarcimento danni a Comune e Regione per circa mezzo milione di euro cadauno.

Ma dietro quel cancello chiuso, situato all’ingresso del villaggio, c’è il fallimento di un sistema-paese che in quasi dieci anni (il sequestro avvenne nel maggio del 2008) non è riuscito a determinare chi ha ragione e chi ha torto. C’è la regola da terzo mondo che un bene sequestrato debba andare a finire in malora ancor prima di aver deciso chi ha sbagliato. C’è la certezza, da parte dei proprietari, di aver sbagliato totalmente la linea difensiva e poi, una volta resisi conto, di aver semplicemente riempito le tasche di un’altra miriade di avvocati e consulenti. Ma dietro quel cancello c’è soprattutto la totale incapacità di questa città a crescere, a svilupparsi, a sfruttare al meglio le sue bellezze, ad utilizzare un litorale fantastico. Insomma, è come se i contrasti tra opposte forze politiche, le incapacità della macchina amministrativa, le incertezze dei tecnici che hanno operato in questa storia abbiano visto i contendenti sperare unicamente in un intervento della Magistratura. Una città che si fa governare dai pubblici ministeri vuol dire che è incapace di affermarsi, a causa di errori di chi amministra e della macchina dei veleni che da anni produce tonnellate di esposti anonimi.

E con quel cancello chiuso chi volete che venga ad investire sul nostro litorale? Certo, chi sbaglia deve pagare, come è giusto che sia. Ma i tempi necessari a stabilire chi ha sbagliato e chi deve pagare non sono compatibili con un paese civile.

Adesso l’auspicio è che la questione si risolva al più presto, con la restituzione delle abitazioni ai legittimi proprietari. Poi ci sarà da ricostruire un villaggio ormai distrutto dal degrado. E soprattutto ci sarà da ricostruire la “faccia” di una città ancora incapace di autodeterminare il suo futuro senza fare ricorso a traumatici interventi esterni.

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