ALBANO: LA VITA AGGREDITA DAL LAVORO INSICURO

LA VITA AGGREDITA DAL LAVORO INSICURO
La tragedia Ferroviaria che si è consumata nei pressi della stazione ferroviaria di Brandizzo, che ha causato la morte di cinque operari impegnati in lavori sulla linea ferroviaria, ha riportato al centro dell’attenzione e della preoccupazione degli italiani il dramma della sicurezza e della emergenza delle morti e degli infortuni sul lavoro.
All’attenzione anche di chi cerca, da troppo tempo, di confinare i drammi che avvengono nelle aziende e nei cantieri, nell’ambito ristretto , e per certi versi rassicurante, della fatalità, dell’incidente fortuito, rispetto ai quali non c’è rimedio umano possibile.
E’ drammatico il fatto che nei primi sette mesi di quest’anno si siano già verificati 344.897 infortuni sul lavoro e 559 morti, quasi 1650 infortuni e 3 morti al giorno.
Purtroppo sono ancora molti gli infortuni che avvengono in aziende che ufficialmente non esistono, in base a rapporti di lavoro che non esistono e che, per questo, sfuggono ad ogni statistica, quasi non fossero mai avvenuti.
Una tragica carneficina che si aggrava ogni giorno di più e che richiede risposte chiare e concrete da parte di tutti, delle istituzioni e delle imprese, per contrastare questo doloroso fenomeno e garantire la tutela della salute e della vita dei lavoratori.
Non è più sostenibile, per un paese avanzato come il nostro, l’esistenza di tante aziende, che risultano non in linea con gli standard di sicurezza .
Credo che in molti incidenti ci sia il segno di un apparato economico culturalmente arretrato, che cerca la capacità competitiva, nell’indiscriminato abbattimento dei costi e nell’intensificazione dei ritmi di lavoro e non investe, purtroppo, sulla valorizzazione del lavoro e del capitale umano.
E’ questo il disvalore da combattere, non certo riesumando i vecchi motivi di conflitto, fra capitale e lavoro, che pure ci sono, ma si combatte se tutti insieme, governo, politica, lavoratori, si impegnano a presidiare, giorno dopo giorno, la frontiera della sicurezza, in cui non c’è posto per la difesa di quelle aziende in cui, a causa delle carenze nel sistema di sicurezza, delle attrezzature, avvengono gli infortuni e le morti.
Accade infatti che spesso , dove avvengono gli infortuni , le attrezzature e i dispositivi di sicurezza siano obsoleti o non funzionanti.
E’ paradossale comunque dover constatare che la strenua difesa del valore della vita, espressa da alcune culture politiche e ispirazioni presenti nella nostra società, si fermi davanti ai cancelli delle fabbriche, davanti ai luoghi di lavoro, che non faccia sentire forte la propria voce in quella direzione.
L’Amministrazione Comunale, per la parte che gli compete, può contribuire a costruire nel territorio la cultura della sicurezza, investendo nell’educazione e nella formazione dei giovani, proponendo nelle scuole, a partire dalle medie, un ciclo di conferenze, di lezioni, tenute da professionisti capaci, per radicare l’idea del valore della sicurezza del lavoro, in cui non ci sia più posto per il lavoro non sicuro.
Tuttavia non si deve commettere il solito errore di ritenere la vicenda dei giorni scorsi, l’attuale riflessione, espressione della solita e faticosa routine politica, da affidare velocemente a qualche polveroso archivio, alla labilità della memoria,per non intaccare la narrazione positiva del nostro paese.
Deve invece servire a far emergere finalmente la consapevolezza del valore e dell’impegno sul fronte della sicurezza, perché non è più sostenibile un sistema produttivo, che nei ritmi, negli orari, nell’organizzazione del lavoro si rivela spesso inadeguato a tutelare la salute e l’integrità di chi esce da casa al mattino per andare a lavorare e a fine turno avrebbe il sacrosanto diritto a rientrare a casa, ai propri affetti, sano e salvo.
Credo che si sia arrivati al punto di non ritorno, che segna in modo indelebile la nostra vita sociale e l’autorevolezza delle istituzioni. E’ necessario farla finita con quell’ idea di gerarchia sociale, in cui il lavoro dipendente costituisce l’ultimo anello della catena, quello più debole, quello che può essere trascurato.
Non è normale che tutto questo avvenga e ancora una volta non si metta riparo.
Vincenzo Albano

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