COBAS – INSIEME A DEMA E DAR C’E’ ANCHE LA VERTENZA DCM!

Vertenza gruppo DEMA: per i lavoratori DCM invece il futuro è compromesso.

In questi giorni abbiamo appreso dai giornali locali che il gruppo DEMA ha presentato ai sindacati il piano industriale per il rilancio dell’azienda che prevede la dismissione degli stabilimenti brindisini di DEMA e DAR.

Ma a rischio non solo sono certamente i lavoratori diretti di DEMA e DAR.

A rischio sono anche i lavoratori della DCM perché anche loro ne sono direttamente interessati. 

Per inquadrare meglio il contesto ricordiamo che il gruppo DEMA aveva acquisito la ex GSE fallita e subito dopo ha costituito due società di cui una operativa (DAR) e l’altra non operativa (DCM).

La DCM, che attualmente ha circa una settantina di lavoratori, fu creata ad hoc immediatamente dopo l’acquisizione del gruppo DEMA della ex GSE fallita, con la finalità di “parcheggiare” i lavoratori dichiarati in esubero fino ad un riassorbimento nel sito produttivo di DAR o, nel caso estremo, fino al licenziamento per cessata attività dell’azienda al termine dei periodi di utilizzo di tutti gli ammortizzatori sociali disponibili ai quali avrebbero potuto accedere i lavoratori.

Dal giorno dell’acquisizione ad oggi i lavoratori hanno esaurito tutti i periodi di Cassa Integrazione disponibili per stare al passo di un eventuale rilancio delle attività degli stabilimenti brindisini, in particolare di DAR, il ramo operativo e produttivo che è invece rimasto dalle commesse in essere della ex GSE.

Perciò, assieme a DEMA e DAR c’è anche la vertenza DCM che è legata a strettissimo giro ai destini delle due.

Come Sindacato COBAS abbiamo sempre considerato e sostenuto che DCM è inclusa nel perimetro del gruppo DEMA per cui siamo preoccupati che la vicenda dei lavoratori DCM scompaia nel dimenticatoio e che venga esclusa da ogni possibilità di coinvolgimento nella discussione per la ricerca delle soluzioni per il rilancio occupazionale del settore aeronautico che da anni versa in grave sofferenza nel territorio brindisino.

I lavoratori della DCM attualmente sono in Cassa Integrazione Straordinaria per “transizione occupazionale”.

Una tipologia di CIGS che viene concessa solo ed esclusivamente con il vincolo del ritorno al lavoro dei lavoratori al termine del periodo di durata.

E nella fattispecie della DCM la concessione di questo ulteriore periodo di Cassa Integrazione Straordinaria della durata dodici mesi è stata subordinata al verificarsi di due condizioni fondamentali ed è qui che sta la dimostrazione che la DCM fa parte del perimetro del gruppo DEMA.

Infatti, la prima condizione per avere l’accesso alla CIGS era l’impegno del gruppo DEMA a adoperarsi per predisporre una sorta di graduatoria per costituire un bacino di figure professionali alla quale il gruppo DEMA avrebbe attinto in via prioritaria nel momento che ci fosse stata la necessità di procedere a nuove assunzioni nella provincia di Brindisi.

La seconda condizione era che la Regione Puglia, nel quadro delle politiche attive e degli interventi formativi individuati nell’accordo di transizione occupazionale sottoscritto tra le parti per dare avvio al percorso di CIGS per ulteriori 12 mesi, si doveva attivare con i vertici del gruppo DEMA per graduare gli interventi formativi e le opportunità di riqualificazione dei lavoratori sulle effettive esigenze produttive del gruppo così da favorire il processo di transizioni in coerenza con gli impegni assunti dal Gruppo DEMA.

In cambio però la DCM in liquidazione ha chiesto ai lavoratori di rinunciare incondizionatamente ad ogni azione e/o pretesa legale nei confronti della stessa.

Ma se la DCM, come contropartita, ha potuto chiedere ai lavoratori la rinuncia al contenzioso legale che avevano con l’azienda per aver impugnato, secondo i lavoratori a giusta ragione, i licenziamenti intimati dall’azienda stessa per cessazione di attività, è perché, evidentemente, il gruppo DEMA ha dovuto garantire – nero su bianco – sugli accordi sottoscritti altrimenti sarebbero stati guai per l’azienda se i lavoratori avessero vinto le cause in Tribunale con il reintegro sul posto di lavoro.

Quindi questo significa che DCM è ancora parte del gruppo DEMA, checché ne voglia dire qualcuno.

Ma venendo meno i presupposti delle due condizioni per le quali la CIGS è stata concessa è chiaro che tutto si mette in discussione dal momento che gli stabilimenti brindisini saranno chiusi per la decisione, temiamo irrevocabile, del gruppo DEMA.

Come è altrettanto chiaro che la conseguenza di ciò è che vengono meno le speranze dei lavoratori della DCM di rimanere attaccati al treno DEMA-DAR che viaggia inesorabilmente su un binario morto.

Quindi, i lavoratori di DCM, oltre ad aver ricevuto il danno di essere stati estromessi dai cicli produttivi di DAR dopo l’acquisizione della ex GSE “fallita” da parte del gruppo DEMA, subiscono anche la beffa in quanto hanno finanche rinunciato al contenzioso legale nei confronti dell’Azienda pur di rimanere aggrappati alla speranza che le cose potessero girare nella maniera migliore per riprendere a lavorare facendo lo stesso mestiere che da anni e anni hanno fatto nella ex GSE prima del suo fallimento per il quale bisognerebbe ancora approfondire con attenzione cause e responsabilità. 

Infatti, ora il rischio è di perdere tutto, non solo di perdere la speranza della possibilità di ritornare al lavoro ma anche di perdere la speranza di avere ragione nel contenzioso legale per aver impugnato il licenziamento che avrebbe tutti i presupposti per essere dichiarato nullo per le circostanze in cui è maturato.

Se si arriva alla scadenza della CIGS ad aprile senza significative novità che possano ribaltare la situazione a favore di una ripresa delle attività e che possano scongiurare le chiusure dei siti produttivi brindisini i lavoratori saranno di fatto licenziati dalla DCM per cui saranno irrimediabilmente estromessi da tutte le partite, anche quelle legali alle quali hanno rinunciato per avere un altro anno di speranza di tornare al lavoro.

Insomma, per una serie di congiunture negative ma assolutamente evitabili, se si fosse dato il giusto peso alla questione i lavoratori DCM ora non vedrebbero il loro futuro compromesso.

A meno che non si faccia in tempo a revocare formalmente le rinunce ai contenziosi legali – con chissà quali prospettive si potrebbero aprire – alle quali affiancare la lotta per un’alternativa occupazionale, qualsiasi essa sia.

Il rammarico è che quegli stessi accordi, sottoscritti da DCM e dal rappresentante del gruppo DEMA, sono stati anche sottoscritti come garanzia di impegno formale e solenne da Confindustria, dal Comitato SEPAC della Regione Puglia, dall’ ARPAL Puglia e dalle Organizzazioni Sindacali nelle quali c’è anche il COBAS.

Non poteva mai sfuggire questo particolare se fossero state fatte le verifiche periodiche come più volte abbiamo chiesto invano di fare e che fino ad oggi non sono mai state fatte.

Verifiche che sono previste nei verbali di accordo sia nell’ accordo quadro per l’ottenimento della CIGS per “transizione occupazionale” e sia nel verbale di revoca dei licenziamenti.

Le verifiche dovevano servire in primo luogo per monitorare l’evoluzione del piano industriale del gruppo DEMA in funzione degli impegni presi negli accordi di CIGS e, in secondo luogo, per pressare il gruppo DEMA all’assunzione di responsabilità nei confronti dei lavoratori della DCM.

Questa verifica periodica doveva servire anche per capire se vi fosse condizione per insistere a sostenere i percorsi del gruppo DEMA per il rilancio delle attività oppure doveva servire a capire se fosse il caso di guadagnare tempo per trovare alternative occupazionali e produttive, nel territorio brindisino ovviamente, qualora il gruppo DEMA continuava a palesare difficoltà organizzative ed economiche per risollevare le attività del gruppo.

Ora la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria scadrà ad aprile e non ci saranno ulteriori proroghe.

Da notare infine, che il gruppo DEMA, probabilmente già prima di acquisire la ex GSE portava con sé un enorme debito accumulato nei confronti di INPS.

Ci si è dovuti addirittura attrezzare per stravolgere finanche le leggi della fisica a tutti i livelli istituzionali necessari per impedire un altro fallimento perché l’INPS non era per nulla disponibile a concedere al gruppo DEMA di rientrare dal debito oltre il periodo previsto e prescritto dalla legge.

Bastava solo questo elemento, scoperto in corso d’opera, a far capire che il gruppo DEMA avrebbe avuto enormi difficoltà oggettive a portare avanti il rilancio delle attività produttive a breve e medio termine nei suoi stabilimenti campani e pugliesi.

Forse questa è stata la difficoltà che avrà inciso in maniera considerevole sullo sviluppo del piano industriale perché ne avrà limitato la possibilità di fare investimenti a breve e medio termine sull’ efficientamento tecnologico delle produzioni?

Questo non lo sappiamo ma è e rimane un nostro pensiero.

Peccato, tutto questo tempo lo avremmo potuto impiegare per tentare di trovare altre alternative anziché di stare appresso a una fissazione irraggiungibile.

Il gruppo DEMA è venuto meno agli impegni assunti per cui non può andarsene da Brindisi senza pagare il conto con i lavoratori della DCM.

Il COBAS sarà sempre al fianco di tutti i lavoratori che vorranno lottare per riprendersi tutto quello che è loro.

Per il COBAS – Cosimo Quaranta. 

Condividi questo articolo:
Share on facebook
Share on twitter
Share on telegram
Share on whatsapp
no_fumo_torchiarolo

what you need to know

in your inbox every morning