CONVEGNO CISL TARANTO-BRINDISI, LA RELAZIONE DEL SEGRETARIO CASTELLUCCI

Si è aperto con la relazione del segretario generale Ust Cisl Taranto – Brindisi, Antonio Castellucci, il convegno il convegno di questa mattina. Ecco tutta la relazione. 

“Saluto e ringrazio le amiche e gli amici consiglieri presenti ai lavori odierni del Consiglio Generale della UST; in particolare, ringrazio a nome di tutti Daniela Fumarola, Segretaria Generale CISL Puglia e Ignazio Ganga, Segretario CISL Confederale nazionale, che concluderà i nostri lavori.

La fase complessa e delicata che sta attraversando il nostro Paese, sui versanti politico e istituzionale, viene seguita con grande attenzione anche dalla nostra Confederazione a tutti i livelli.

L’elezione dei rappresentanti del popolo in Parlamento, a seguito delle elezioni nazionali del 4 marzo u.s., ha consegnato ad un nuovo quadro politico, l’impegno di governare i destini sociali ed economici del Paese.

Nel corso di quella campagna elettorale, come sta avvenendo in queste settimane anche per le amministrative del 10 giugno p.v. che si svolgeranno in diversi nostri Comuni, molti Candidati del territorio Taranto Brindisi hanno incontrato – e stanno incontrando – anche la CISL.

A loro abbiamo ribadito i nostri valori fondativi di autonomia, di libertà, di pluralismo, insieme con la nostra vocazione propositiva, partecipativa e contrattualista qualunque siano il Governo e le altre nostre controparti sia pubbliche che private.

La CISL nazionale, abbiamo anche ricordato ai nostri interlocutori, ha elaborato nel tempo numerose proposte ispirate al welfare e al fisco che, se fossero state già assunte, avrebbero registrato ricadute positive su lavoratori, pensionati e quindi sull’intero sistema economico e sociale del Paese.

Quanto alle aree territoriali di Taranto e di Brindisi, abbiamo sostenuto come sia necessario non interrompere il percorso di programmazione, se pur ancora parziale,  iniziato negli ultimi anni con i distinti Governi, poiché ha prodotto risultati significativi con l’avvio di progettualità finalizzate alla salvaguardia dei sistemi industriali esistenti, all’attualizzazione delle diversificate potenzialità del nostro sistema produttivo ed ai protocolli di legalità.

In particolare il sistema Taranto presenta fronti vertenziali aperti, di valenza nazionale e regionale (Ilva, Portualità, completamento Cis – Contratto Istituzionale Sviluppo – nuovo Ospedale San Cataldo, bonifiche, Arsenale, città vecchia, politiche sanitarie, polo museale, industria del mare, Zes, Patto per Taranto, Leonardo, infrastrutture, …), di cui in più circostanze abbiamo approfondito, come Gruppo dirigente della UST, le specificità.

Per il sistema Brindisi il confronto avviato, anche in questo caso di valenza nazionale e regionale, necessita di sviluppi (Insediamento definitivo del Tavolo interistituzionale, politiche sanitarie, bonifiche, ciclo dei rifiuti, Zes, Portualità, cantieri navali, Santa Teresa (partecipata), sostenibilità ambientale, energetica, chimica, logistica, Leonardo, infrastrutture…); su tale vertenza è in corso, a sostegno della mobilitazione unitaria, anche una raccolta di firme di cittadini.

Specifichiamo, al riguardo, che il Tavolo Interistituzionale prevedeva la definizione e la realizzazione di alcuni importanti progetti relativi al Porto, alla Cittadella della Ricerca e alle bonifiche del Sito di Interesse Nazionale (SIN).

Ebbene, qualunque sia la composizione del nuovo Governo e per gli effetti che esso avrà sulle due province, come Cisl Territoriale insieme con le nostre Categorie continueremo ad operare ed a mobilitarci negli esclusivi interessi generali di donne, uomini, lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati, giovani e immigrati, per lo sviluppo ed il progresso delle nostre comunità.

Lo faremo in uno scenario indubbiamente per nulla semplice, anzi decisamente complesso, in cui il risultato elettorale nelle regioni del Mezzogiorno ha evidenziato le divisioni territoriali che si riflettono, in particolar modo, nella nuova geografia politica.

Quanto a reddito ed occupazione, permangono ferite profonde qui al Sud, con l’aggravante di un ulteriore ampliamento delle disuguaglianze interne, di una concentrazione degli effetti della crisi sulle fasce più deboli della popolazione, in primo luogo i giovani e le tante famiglie a basso reddito – tab.1 e tab.2

Territorio   Tasso occupazione Tasso attività Tasso disoccupazione
Italia Maschi

Femmine

TOTALE

67,1

48,9

58,0

75,0

55,9

65,4

10,3

12,4

11,2

Puglia Maschi

Femmine

TOTALE

57,5

31,7

44,5

69,5

40,9

55,0

16,9

22,2

18,8

Brindisi Tasso medio 46,1 56,8 18,6
Taranto Tasso medio 43,7 52,7 16,8
Bari Tasso medio 48,3 58,5 15,4
Foggia Tasso medio 38,2 51,2 25,0
Lecce Tasso medio 42,7 55,2 22,3

           

Tab.1     Fonti: Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro – Elaborazione su dati Istat 2017    

 

Territorio Anno 2016 – RETRIBUZIONI MEDIE

Mensili in Euro

Italia

NORD

CENTRO

SUD

 

1375,00

1306,00

1201,00

Brindisi 1203,00
Taranto 1153,00
Bari 1252,00
Foggia 1184,00
Lecce 1107,00

 

Tab.2       Fonti: Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro – Elaborazione su dati Istat 2017

La disoccupazione relativa alla fascia giovanile è a livelli di vera emergenza, con oltre il 50% in entrambe le province di Brindisi e di Taranto, così come molto elevata è anche la percentuale di Neet, cioè i giovani (tra 15 e 29 anni) che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione.

La differenza, invece, tra occupazione maschile e femminile, così come delle retribuzioni medie mensili – che ripropone il tema delle disparità di genere – si attesta tra il 15% ed 20%.

Nel dibattito pubblico, laddove ovunque emergono le paure del futuro e della precarietà, viene avanti il timore di restare esclusi anche dai processi di modernizzazione.

Tale situazione può generare, in aree in ritardo di sviluppo e con bassi livelli di occupazione, un senso di isolamento e di insoddisfazione che le tradizionali ricette di politiche di crescita  non riescono a soddisfare.

A gennaio scorso, durante l’ultimo World Economic Forum di Davos, dove si riuniscono annualmente i massimi esponenti politici ed economici a livello mondiale, è emerso che entro il 2020 almeno sette milioni di posti di lavoro potrebbero andare perduti, in quanto rimpiazzati dalle nuove tecnologie, mentre circa due milioni di nuovi posti verranno creati nei settori della robotica, delle nanotecnologie, della stampa 3D, della genetica e delle biotecnologie.

Posti di qualità, che richiedono in questo processo di Industria 4.0, specializzazione ed alta formazione, come quella che possiedono i nostri migliori cervelli, troppo spesso costretti però a lasciare il nostro Paese perché, incredibilmente, l’Italia offre loro poche prospettive di lavoro.

Ed è stato proprio nella stessa occasione del World Economic Forum che Papa Francesco, nella lettera inviata – in quanto impossibilitato a partecipare – ha ribadito come i modelli economici internazionali debbano promuovere la giustizia sociale, combattere la piaga della corruzione, rifiutare come imprenditori la cultura dell’usa-e-getta ed aumentare la qualità della produttività creando occupazione, rispettando leggi e contratti, in modo da “osservare un’etica di sviluppo sostenibile e integrale, basata su valori che mettano al centro la persona umana e i suoi diritti”, così da poter garantire realmente le generazioni future.

Tornando alla questione meridionale, è interessante evidenziare, in questa parte d’Italia, che sono soprattutto i giovani a percepire l’assenza di prospettive occupazionali e quindi vengono spinti ad emigrare.

A conferma di ciò, tra il 2008 e il 2017 il tasso di occupazione dei giovani di età compresa tra i 15 e 34 anni si è ridotta di circa 10 punti scendendo sotto il 40%.

Insomma, si tratta di giovani e ragazzi con cui confrontarsi, perché gli stessi siano messi nelle giuste condizioni, di cogliere concretamente prospettive e opportunità occupazionali; potrebbero essere proprio loro, infatti, a rilanciare questa parte della penisola italiana.

Infatti, in quindici anni sono stati circa 200 mila i laureati meridionali recatisi a lavorare al Nord; questa migrazione si può stimare in costi per  30 miliardi di euro – 2 all’anno – e quindi si rivela come un vero e proprio regalo che il Sud ha fatto al Nord del Paese (fonte: Svimez)

In controtendenza è, invece, il secondo rapporto di Intesa San Paolo sui Distretti del Mezzogiorno.

L’impatto degli imprenditori giovani sui distretti è del 38,1%, pressoché il doppio della media nazionale e circa il triplo rispetto al centro Italia; così come le startup innovative che aumentano al Sud, nel secondo trimestre 2017, di ben 31,3 punti percentuali, ovvero dieci in più rispetto alla media delle regioni settentrionali.

Seppur in assenza o esiguità di capitali finanziari,  il capitale umano costituito dai giovani del Sud diviene un motore di sviluppo formidabile.

Nel dettaglio dello studio di intesa San Paolo, i settori più ricercati, con una presenza elevata di imprenditori giovani, sono il Turismo e l’Agroalimentare.

È necessario, quindi, avviare sui territori politiche  in grado di facilitare questi processi di inserimento, al fine di evitare un comportamento arrendevole per l’incapacità di sburocratizzare il sistema.

È per facilitare questi processi di nuova politica, a nostro avviso, che sono state indirizzate le misure Resto al Sud, le Zone Economiche Speciali che approfondiremo più avanti, la clausola del 34% degli investimenti al Sud, il Masterplan, ecc., che hanno fatto registrare per qualche anno, tassi di crescita nel Sud più alti che nel resto del Paese; ma che di fatto, non hanno intaccato le aree di disagio, concentrate soprattutto nelle periferie dei grandi centri urbani.

Tali aree di disagio, così come riscontriamo sovente, si possono esemplificare con l’insufficiente livello dei servizi pubblici, dei diritti di cittadinanza, della sostenibilità e vivibilità ambientale locale, della legalità e sicurezza personale, di adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura per le persone adulte e per l’infanzia.

Si tratta di carenze di servizi che si riflettono sulla vita dei cittadini ma che condizionano anche le prospettive di crescita economica, perché diventano fattori determinanti per l’attrazione mancata di nuove iniziative imprenditoriali.

La politica di coesione non può solo declinarsi attraverso incentivi fiscali, contratti di sviluppo, investimenti pubblici, pur importanti ma deve essere accompagnata da politiche territorialmente differenziate nel Mezzogiorno, in grado anche di riequilibrare la qualità di alcuni beni pubblici essenziali.

Essi sono, ad esempio, la qualità dell’assistenza sanitaria, l’offerta di assistenza domiciliare per gli anziani e i non autosufficienti, una adeguata legislazione per i caregiver familiari, il numero di posti negli asili nido, la regolarità nella fornitura dell’acqua, la gestione e la chiusura del ciclo dei rifiuti con impianti di compostaggio, l’offerta scolastica, formativa, universitaria.

Interventi che per essere efficaci devono mettere in equilibrio anche gli investimenti in infrastrutture (viabilità, edilizia scolastica, macchinari sanitari, ecc.) con una riorganizzazione della spesa corrente.

Siamo convinti che per i nostri due territori e per tutto il Mezzogiorno, occorre passare dalla politica per stanziamenti finanziari a quella per obiettivi e progetti esecutivi finalizzati all’appropriatezza dei servizi per il cittadino e per le imprese, aumentando così anche la possibilità di monitorare l’impatto delle risorse e di misurare il loro impiego.

Come appare chiaro, si tratta di un disegno impegnativo, anche di un mutamento di approccio culturale che riconduca ad un nuovo protagonismo dell’intera società meridionale e che vada di pari passo al miglioramento e al potenziamento della macchina pubblica.

“Ultimamente si è enfatizzato troppo il tema della crescita,  dimenticando – ha affermato di recente la nostra leader nazionale Annamaria Furlan – quella gran parte del Paese in profonda difficoltà. Noi dobbiamo lavorare per dire basta alle disuguaglianze.”

Concordiamo con Annamaria Furlan, sul fatto che oggi la nostra missione comune debba essere orientata dal convincimento che la ripartenza economica, produttiva, occupazionale del Mezzogiorno possa e debba essere correlata agli strumenti della partecipazione e della condivisione, capaci di tenere insieme imprese, posti di lavoro, lavoratori, generazioni, generi, territori, etnie, dando voce e ricercando soluzioni ai rispettivi problemi ed alla valorizzazione del lavoro nell’interesse del Paese.

L’accordo tra Confindustria e CGIL, CISL, UIL del 27 febbraio u.s., ha come scopo proprio la valorizzazione del lavoro e delle retribuzioni ed è, nella sua ispirazione, un progetto di sviluppo per il sistema Paese, facendo di relazioni industriali partecipative e stabili condizione per un significativo aumento della competitività, della produttività e dei salari.

L’attuale debolezza delle retribuzioni e della produttività, sono state più volte rilevate nel dibattito sindacale; da qui il segnale che la contrattazione con l’Associazione degli Industriali dovrà caratterizzarsi sui temi innovativi delle politiche attive, della formazione continua per le competenze del lavoro che cambia, del welfare contrattuale, della sicurezza del lavoro e soprattutto della partecipazione dei lavoratori.

E’ un accordo importante quello con Confindustria che vuole, anche, valorizzare il lavoro, rafforzando l’occupabilità, rendendo le persone protagoniste e partecipi nei luoghi di lavoro, riaffermando il protagonismo delle Parti sociali.

La ridefinizione del trattamento economico complessivo e del trattamento economico minimo, se ben attuata e la realizzazione del riconoscimento della rappresentatività, renderanno finalmente inutile ogni proclama sul salario minimo – di cui pure si è sentito parlare in campagna elettorale – e metteranno fine al fenomeno della concorrenza sleale tra imprese, alimentato da associazioni imprenditoriali e sindacali di comodo e prive di rappresentatività e di responsabilità.

A corredo di ciò, si pensi che nel settore commercio, turismo, terziario, il dumping contrattuale è dilagante se solo si considera che esistono oltre 60 C.c.n.l. sottoscritti da circa 70 sindacati diversi dalle organizzazioni confederali e, dulcis in fundo, si annoverano ben 110 associazioni datoriali.

L’Accordo con Confindustria, dunque, è un vero e proprio modello di governo, nell’ambito delle competenze e delle responsabilità delle Parti Sociali, delle relazioni sindacali, della valorizzazione del lavoro, dell’innovazione, del posizionamento competitivo del sistema manifatturiero italiano.

Al contempo, il 13 febbraio u.s., analogo importante Protocollo d’intesa per lo sviluppo, l’occupazione e la competitività del sistema economico pugliese è stato sottoscritto da Confindustria Puglia e CGIL CISL UIL regionali, finalizzato all’avvio per un confronto permanente e di un’analisi attenta per nuove proposte strategiche di politica industriale regionale.

Detto Protocollo punta a consolidare, sia una prassi di relazioni industriali finalizzate allo sviluppo economico della Puglia, che la crescita occupazionale e, dunque, avanza su alcuni specifici argomenti dettagliate proposte di merito.

Per quanto riguarda il livello territoriale siamo pronti unitariamente ad iniziare il confronto con le rispettive direzioni di Confindustria Taranto e Brindisi”.

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