Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. Ed in provincia di Brindisi la gestione della sanità pubblica è nelle mani proprio di chi non ha voluto ascoltare le grida di dolore che sono arrivate con settimane di anticipo rispetto a quando la situazione è esplosa in tutta la sua drammaticità. Oggi le attenzioni sono tutte puntate sui 102 contagi accertati nella residenza “Il Focolare” di Brindisi, ma sarebbe un inutile tentativo di minimizzare il problema se ci dimenticassimo della situazione altrettanto grave esistente nel centro di riabilitazione San Raffaele di Ceglie Messapica, nel Focolare di Ostuni, in un comune della provincia (dove c’è un numero sproporzionato di positivi e di decessi), ma soprattutto del “Perrino”. Si, avete letto bene: proprio il principale ospedale “covid” della provincia che avrebbe dovuto fronteggiare alle esigenze di contagio di tutta la provincia. Ed invece proprio il Perrino è l’anello debole della risposta sanitaria alla pandemia. I contagi hanno determinato la chiusura dei reparti di medicina e di pneuomologia (poi riaperti a distanza di giorni), ma si sono verificati anche nel laboratorio analisi, in cardiologia e -ultimo in ordine di tempo, in neurologia dove ci sarebbero due medici e un infermiere positivi al test. A tutto questo si aggiungano i casi dei “positivi” riscontrati nel servizio mensa e nel personale delle autombulanze del 118.
A fronte di tutto ciò, qual è stata la risposta dell’Asl? Tardiva e inadeguata. Per settimane sono stati eseguiti pochissimi tamponi e l’esito in molti casi è arrivato dopo quasi due settimane. I test di Brindisi hanno viaggiato in lungo e in largo per la Puglia (prima a Lecce, poi a Bari, poi a Foggia e infine nella Bat) prima che ci si decidesse ad attivare un laboratorio all’interno del Di Summa. Il tutto, per un numero che supera di poco i 100 tamponi processati al giorno. Una cosa assurda, soprattutto se paragonata alle macchine da guerra attivate in Veneto, dove adesso è in funzione una struttura che arriva a processare anche 9.000 tamponi al giorno! Si poteva e si doveva fare ricorso ai privati, ma l’unica convenzione attualmente in piedi è arrivata tardi e per poche decine di tamponi. Nel frattempo, come era facilmente prevedibile, i buoi sono scappati dalla stalla e quindi la situazione (al di là delle parole tranquillizzanti del sindaco Rossi e del direttore generale dell’Asl Pasqualone) è diventata esplosiva.
Certo, sia in ospedale che nelle rsa chi non è ancora contagiato si sottopone a turni pazzeschi pur di non mollare i pazienti. Ma quanto potrà reggere questa situazione? Occorre inviare medici, infermieri e personale ausiliario nelle rsa (a partire dal Focolare) perché se l’emergenza non viene affrontata in quei luoghi sarà inevitabile il ricorso all’ospedale ed a quel punto il Perrino diventerà ancor di più un lazzaretto. Cosa aspetta il dipartimento della Sanità della Regione Puglia a intervenire con decisione? Cosa si aspetta a sollevare gli attuali vertici dell’Asl dalla gestione di una emergenza gravissima? Perché non si chiede l’intervento della Protezione Civile? Per domani è prevista una nuova conferenza dei sindaci. La speranza è che non sia una seconda paesserella per sentirsi dire che “tutto va bene”.
Nel frattempo, la nuova terapia intensiva del Perrino non è ancora pronta (nonostante le promesse di renderla funzionante già dallo scorso 30 marzo). La speranza è che, ad emergenza conclusa, qualcuno si ricordi di rimettere insieme tutti questi tasselli per chiarire responsabilità ben precise.
Mimmo Consales