Nero pessimismo? No, sano realismo. Appare proprio opportuno, ancorché calzante, richiamare una riflessione di Eugenio Montale che così recita: “Non c’è scampo. Abbiamo perduto gli ormeggi e siamo costretti alla deriva”.
Nero pessimismo? No, sano realismo. Appare proprio opportuno, ancorché calzante richiamare un aforisma di Kant ne “La metafisica dei costumi” che così recita: “Chi si fa verme non può lamentarsi se poi viene calpestato”.
Purtroppo, non ci sono altri e migliori concetti di quelli sopra richiamati per rappresentare il campo avverso ed indifferente in mezzo al quale attualmente vive Brindisi ed il cittadino brindisino.
Che importanza ha se dagli indicatori di valutazione della vivibilità (affari e lavoro, tenore di vita, ambiente, criminalità, disagio sociale, servizi finanziari e scolastici, sistema salute, tempo libero, ecc.) come da più parti rappresentato, emerge un quadro sociale desolante?
Che importanza ha se Brindisi, come ultimamente da me stesso rappresentato, “soffocata da una crisi economica senza precedenti che ha toccato in maniera virulenta le ansietà sociali, paga lo scotto di anni ed anni di governi cittadini caratterizzati da una costante precarietà, responsabile di inefficienze, consociativismo, indolenza, indecorosa tradizione di ritardi, in cui ha imperato massivamente la conclamazione delle false virtù e non di quelle vere che sono l’attuazione delle cose che si dicono?”.
Che importanza ha se, a fronte di una tassa dei rifiuti elevatissima (corrisposta dagli onesti cittadini e non dai tanti che puntualmente ed impunemente la eludono, sversando la loro maleducazione ed inciviltà in vaste aree del territorio riducendolo ad un vomitevole immondezzaio) viene erogato un servizio che soggettivarlo scadente appare alquanto indulgente?
Che importanza ha se non si intravedono segnali di ripresa socio economica per mancanza di una lungimirante strategia interventistica che guardi al diritto del lavoro, al diritto di una migliore sanità pubblica, ai servizi sociali, ai trasporti pubblici, ad una urbanistica ed edilizia (che fine ha fatto il PUG?) espresse nelle forme corrette che generano, cioè, benessere, che guardi alla tutela del territorio?
Che importanza ha se le strade, in particolare quelle di accesso alla città o ai rioni periferici, i corsi principali, le aiuole, le scuole, le strutture sportive, quel che rimane dei parchi pubblici, sono vistosamente interessati al degrado, alla sozzura, all’abbandono, all’incuria?
Che importanza ha avvertire in maniera netta che si vive in uno tato di caos, in uno stato di anarchia, dove ognuno vive senza il rispetto delle regole?
Importa, invece, prendere atto che il cinismo, messo in scena con una continua performance teatrale, ha preso protervamente il posto del civismo.
Importa, invece, prendere altresì atto che all’imperante “Pacta sunt servanda rebus sic stantibus” corrisponde un “modus vivendi ed operandi” tutto brindisino che, mancante di fiducia verso le istituzioni, fa in modo che le istituzioni stesse non prendano mai forma ed autorevolezza, ingenerando così l’impressione che questa città non si possa più salvare, che questa sia una città perduta.
Intravedo, però, un lumicino quasi spento di ottimismo, una flebilissima speranza, in quanto nel nostro milieu, anche se spento e sofferente, esiste ancora una grossa fetta di cittadini comunque disposta a ricongiungersi alla sua parte oscura per riportandola sulla retta via, a patto, però, che trovi esempi credibili, che trovi un traguardo che si possa intravedere tra le macerie.
Francesco D’Aprile