Dibattito su Brindisi – Dipietrangelo: “Il territorio va ripensato, a destra come a sinistra”

La mancanza di dialogo con chi rappresenta  interessi reali e legittimi, l’assenza di confronti serrati sulle cose da fare e che si possono fare, le diffidenze verso chi non la pensa allo stesso modo, hanno portato la città a non avere certezze per il presente e per il futuro. Troppi separati in casa e tutti orfani di vecchie liturgie e compromessi.

Le questioni rimangono sempre le stesse mentre la disoccupazione aumenta, i nostri giovani vanno via, la cassa integrazione aumenta, si fanno meno figli, gli investimenti pubblici e  privati latitano. Quale è il futuro di Brindisi? Dove si decide?

Sono temi su cui vogliamo avviare un dibattito. Oggi ne abbiamo parlato con Carmine Dipietrangelo, per decenni esponente di spicco della sinistra pugliese ed oggi affermato imprenditore nel comparto vitivinicolo.

“A molti, a furia di guardare indietro, è venuto il torcicollo – afferma Dipietrangelo – Anche da parte di chi dovrebbe avere la sensibilità, la funzione e la lungimiranza per prendersi cura di una città sofferente e delusa, si preferisce la mera e la solita partecipazione alla discussione sul nulla dettata anche da ridicole dietrologie e stupide diffidenze”.

  • Proprio per questo non si può più rinviare un confronto sul futuro della città…

“Per avviare un confronto, però, ci vogliono progetti, risorse e interlocutori credibili e reali. Si eviterebbe così di far diventare la cosa pubblica una specie di carta assorbente di quanto scritto o proposto da altri, piccole o grandi lobby che siano per poi schierarsi e decidere in maniera subalterna da che parte stare. Ci vuole, pertanto, trasparenza e certezze, condizioni per qualsiasi dialogo costruttivo e per organizzare una partecipazione non strumentale o di facciata. Una partecipazione che non può limitarsi a dire no o sì a prescindere”.

  • Eppure proprio questo è il momento di ripensare il futuro economico e produttivo della nostra città…

“Certamente, ma questo non può essere deciso da una setta, come si è cercato di fare in anni precedenti, e neanche da chi oggi ignora o rimuove la realtà. Siamo obbligati tutti a dare un contributo. Ce lo impongono i fatti, gli sconvolgimenti sociali, economici, le guerre  e che il mutamento climatico ci sta evidenziando con tutti i suoi preoccupanti risvolti”.

  • In tutto questo che ruolo può avere la politica?

“C’è bisogno di luoghi istituzionali e di strutture dove aprire un confronto per condividere progetti e obiettivi, sapendo che molte delle risorse, soprattutto quelle del PNRR di cui si continua ad enfatizzare il ruolo, forse sono state già perse e destinate altrove, come quelle di Rfi per il collegamento ferroviario con laeroporto.

È necessario puntare sugli investimenti a breve e lungo termine, sulle opere pubbliche davvero necessarie, sulla infrastrutturazione territoriale e non sulla sommatoria di vecchi e obsoleti progetti o di interessi che prescindono da un minimo di pianificazione e priorità. C’è una programmazione e una idea di pianificazione urbanistica e territoriale? Che fine ha fatto il PUG? E il recente riconoscimento UNESCO dellAppia Antica per la cui parte terminale Brindisi è parte importante e ricca non interessa più nessuno?

Così come è necessario  non mettere i bastoni tra le ruote a chi genera e può generare sul serio posti di lavoro (ossia le imprese sane e trasparenti). Lavoro e rigenerazione ambientale innanzitutto e a 360 gradi. Ecco, su tutto questo la politica può svolgere un ruolo di fondamentale rilevanza”.

  • Lei non ha mai demonizzato l’industria come elemento di crescita economica ed occupazionale, anche se da tempo sostiene che si deve andare oltre…

“L’industria, meno pesante e non inquinante deve essere un obiettivo perserguibile, coinvolgendo e non demonizzando innanzitutto i grandi gruppi storicamente presenti nel territorio. Poi una idea meno vaga di porto produttivo e infrastrutturato e un impegno per la transizione energetica con meno slogans e più progetti e forse con meno retorica sullidrogeno. Ma Brindisi non è solo questo. Almeno il suo futuro non può essere solo questo. Ad un nuovo sviluppo – ha ragione – insisto ormai da tempo, può dare il suo contributo anche l’agricoltura del territorio anche attraverso le sue potenzialità turistiche e storiche, soprattutto quelle collegate al vino (che non è quello delle sagre!). Di questo, però, non c’è consapevolezza e abbonda una fastidiosa indifferenza soprattutto tra coloro che, pur avendo responsabilità amministrative e politiche, dimostrano di non conoscere il territorio e il contesto in cui vivono ma su cui pesano le loro scelte,la loro ignoranza e la loro inconsistenza e indifferenza. Ci sono amministratori, ci sono rappresentanti politici che si interessano di agricoltura e di sviluppo rurale e non solo di orti urbani?

  • In realtà, l’agricoltura sconta ad ogni livello una  mancanza di progettazione ed anche una totale assenza di visione. Sul dopo-xylella, ad esempio, per molti versi si brancola nel buio…

“È vero, E’ ormai fin troppo evidente lurgenza e la necessità di progettare una rigenerazione agricola di quella parte di territorio colpito dalla Xylella attraverso interventi di nuove colture e di forestazione (ben oltre lidea di foresta orientale a suo tempo proposta dallassessore Borri) per evitare non solo la desertificazione e la scomparsa di uno storico paesaggio quale quello degli uliveti, ma anche per arrestare il  peggioramento climatico le cui conseguenze si stanno già riscontrando sui terreni e sulle colture. Senza alberi e senza verde  la CO2 aumenterà sempre di più. Progetti questi che richiedono un coinvolgimento anche dei privati una parte dei quali ormai sta pensando di abbandonare i propri terreni. Altro che impianti fotovoltaici! Non una riflessione, non una iniziativa e neanche una curiosità ad informarsi, a conoscere.

Le responsabilità per questa disattenzione ricadono anche su  chi dovrebbe rappresentare il mondo agricolo che non può limitare il proprio ruolo ad una politica di servizi, di assistenza o di stantie rivendicazioni.”

  • Ma in concreto, a suo parere, cosa si può fare?

“So di ripetermi, ma ritorno a sottolineare come la città di Brindisi, per superficie agraria, è la città pugliese, dopo Foggia, con l’agro più esteso. Arriva fino ai confini di Mesagne, Sandonaci, San Pancrazio, San Pietro, Cellino, Carovigno, San Vito. In provincia di Brindisi il peso dellagricoltura sul valore aggiunto è passato dal 3,9% del 2005 al 6,5% del 2015 mentre lindustria, nello stesso periodo, dal 19% al 17%. Non ho dati più attuali ma credo che questa sia la tendenza. Gli addetti nellindustria erano circa 20.000, in agricoltura sono 13.000 (e a questi andrebbero aggiunti quelli dellindotto e della trasformazione alimentare, calcolati tra gli addetti nellindustria). Un trend che è continuato a crescere anche in questi ultimi anni. In città, in proporzione, i rapporti sono più o meno gli stessi. Ma il settore agricolo rimane privo di considerazioni e di attenzione. Brindisi non è solo industria, porto, zona industriale, netantomeno territorio indistinto da aggredire e utilizzare ulteriormente per impianti fotovoltaici o per una riconversione energetica ecologica. C’è altro e chi ha responsabilità ha il dovere di conoscerlo, studiarlo e coinvolgerlo. Per questo ho avanzato in più occasioni qualche proposta relativa alla cultura e alla potenzialità agricola e del vino di Brindisi e alla sua stessa storia ma non ho ritrovato e ritrovo interesse. Eppure dal rapporto tra città, campagna, porto/mare Mediterraneo è ricca la storia e lo sviluppo di Brindisi. Un rapporto che può segnare ancora il suo futuro facendo tesoro degli errori passati”.

  • Lei è stato un protagonista della scena politica brindisina. Cosa farebbe a questo punto?

“Ci vuole un nuovo protagonismo imprenditoriale, politico e sociale anche per sentirsi comunità! E forse ci vorrebbero dei partiti organizzati non solo per scadenze e competizioni elettorali. E questo vale soprattutto per la sinistra che a Brindisi sembra essere scomparsa nell’indistinto del governismo e rappresentata da ceto politico senza visione e senza chiara collocazione ideale. Ma questo è un altro discorso….

Altrove si corre, da noi si chiacchiera per dividere e per dividersi, quando invece c’è bisogno di unire una città con tutte  le sue capacità e potenzialità produttive in uno di quei passaggi difficili della sua antica e recente storia”.

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