“DITEGLI SEMPRE DI SÌ”: AL VERDI LA “FOLLE” COMMEDIA DI EDUARDO DE FILIPPO

L’opera, tra le meno note di Eduardo, si basa sul perfetto meccanismo del testo in equilibrio tra comico e tragico; una commedia divertente che, pur conservando le sue note farsesche, suggerisce serie riflessioni sul labile confine tra salute e malattia mentale. “Ditegli sempre di sì” è uno dei primi testi scritti da Eduardo, un’opera vivace, colorata il cui protagonista è un pazzo metodico con la mania della perfezione. La pazzia di Michele Murri è vera, l’uomo è stato per un anno in manicomio e solo la fiducia di uno psichiatra ottimista gli ha permesso di ritornare alla vita normale. Michele è un pazzo tranquillo, socievole, cortese, all’apparenza l’uomo più normale del mondo, ma in verità la sua follia è più sottile perché consiste essenzialmente nel confondere i suoi desideri con la realtà che lo circonda; eccede in ragionevolezza, prende tutto alla lettera, ignora l’uso della metafora, puntualizza e spinge ogni cosa all’estremo. Tornato a casa dalla sorella Teresa si trova a fare i conti con un mondo assai diverso dagli schemi secondo i quali è stato rieducato in manicomio; tra equivoci e fraintendimenti alla fine ci si chiede: chi è il vero pazzo? E qual è la realtà vera?

«Una commedia in bilico tra la pochade e un vago pirandellismo – ha detto il regista Roberto Andò, un congegno bizzarro in cui Eduardo si applica a variare il tema della normalità e della follia, consegnando al personaggio di Michele Murri, il protagonista, i tratti araldici della sua magistrale leggerezza. Il luogo dove siamo convocati è il tipico interno piccolo-borghese di Eduardo, il salottino, che subito diviene lo specchio scheggiato della follia del protagonista, l’antro in cui la sua mente può elaborare, manipolare e distorcere i ragionamenti e i sofismi di chi gli viene a tiro, scardinandone la fragilità e la vanità». La follia è, qui, una metafora: la commedia è del 1927, in pieno regime fascista, e il titolo rappresenta proprio l’impossibilità di dire quello che, all’epoca, si voleva ma non si poteva dire.

Roberto Andò, reduce dalla regia del film “La stranezza” (2022), si cimenta nella sua prima esperienza eduardiana proponendo una versione efficacemente originale che, nel rispetto dei profili pirandelliani dei personaggi, restituisce il giusto equilibrio tra pazzia e normalità lasciando allo spettatore la scelta del tratteggio che vuol far prevalere: un lavoro che contribuisce all’opera di valorizzazione del patrimonio culturale della più grande famiglia teatrale napoletana, nella quale è da tempo impegnata “Elledieffe”, la compagnia di teatro di Luca De Filippo diretta proprio da Carolina Rosi. «Michele Murri – ha continuato il regista – vigila sullo sguardo degli altri, svicola dal senso delle parole e delle intenzioni assumendone la letteralità. Quante volte ciascuno di noi lo ha temuto o desiderato. Come sarebbe anche facile dire che Michele, come ogni pazzo che si rispetti, è un forsennato contestatore della vita e del suo senso. La prima versione della commedia risale al 1925 e dunque è la prima volta che in un lavoro di Eduardo compare la follia. Il tema della pazzia ha sempre offerto spunti comici o farseschi, ma di solito è giocato al rovescio con un sano che si finge pazzo. Invece, in “Ditegli sempre di sì” il protagonista è pazzo davvero. Tra porte che si aprono e si chiudono, menzogne, illusioni, bovarismi, lo spettatore si ritrova in un clima pirandelliano privato tuttavia della sua filosofia, irresistibilmente proiettato nel pastiche. Via via che si avvicina al finale, il fantasma delle apparenze assume un andamento beffardo, sino a sfiorare, nel brio del suo ambiguo e iperbolico disincanto, una forma spiazzante».

Malgrado il successo della prima messinscena ad opera della compagnia Scarpetta nel corso delle stagioni del teatro umoristico, come altre commedie dei “giorni pari”, “Ditegli sempre di sì” da un certo punto in poi venne messa da parte. Si ritiene per attenuare, dopo la separazione artistica dei due fratelli De Filippo, il ricordo dell’interpretazione di Peppino nei panni di Luigi Strada, il personaggio dell’attore nella commedia, lo studente pazzo di teatro. Frutto di successive elaborazioni, Eduardo ne diede una versione definitiva in occasione della sua regia televisiva del 1962, in cui, vestendo ancora una volta i panni del protagonista, regalò una delle sue più grandi e memorabili interpretazioni.  

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