Il Governo italiano è deciso a stabilire l’uscita definitiva dal carbone nel 2038 invece che alla fine di quest’anno. Lo si evince dall’approvazione di un ordine del giorno attraverso cui si fa proprio riferimento alla produzione di energia con il combustibile fossile per fornire energia a bassi costi al sistema industriale e quindi per ridare competitività al paese.
Ma come tutte le cose della nostra nazione, l’approvazione di un ordine del giorno non significa automaticamente l’entrata in vigore delle cose scritte.
E proprio questo è un caso che rientra in tale casistica. Ci sono già due chiavi di lettura rispetto al contenuto dell’ordine del giorno al cui interno non si parla di riaccensione delle centrali a carbone di Civitavecchia e di Brindisi, ma semplicemente di “assicurare la continuità produttiva agli stabilimento industriali, la cui competitività è strettamente legata alla disponibilità di una fornitura stabile di energia elettrica, peraltro a costi inferiori rispetto a quelli sostenuti attualmente”.
L’ordine del giorno, sottoscritto da parlamentari di Azione e di Forza Italia oggi fa registrare già degli importanti distinguo. Azione insiste nel dire che bisogna assicurare la produzione di energia a carbone per ridare competitività al paese, mentre i forzisti intervenuti sull’argomento affermano che il phase out va allungato per mettere in sicurezza il paese rispetto a imprevedibili scenari internazionali.
Scenari, rispetto al traguardo finale (che è quello di arrivare al 2038) che sono totalmente differenti e quindi spetterà al Governo assumere la decisione finale.
Nel frattempo, però, il contesto locale del territorio brindisino fa sempre più fatica a fare sintesi. Anche su questo argomento, infatti, fino ad oggi c’è stata una totale incapacità a individuare soluzioni condivise, mentre tutti sono stati pronti nell’azzannarsi e nel rivolgersi accuse gravissime sull’ipotesi di spostamento della fine dell’era del carbone. Un fatto preoccupante, forse più di quanto si possa immaginare.
Dalle forze politiche, ad esempio, ci saremmo aspettati ipotesi di soluzione al problema serissimo della fase intermedia tra dismissione di impianti e avvio di nuove produzioni e invece assistiamo alle solite accuse reciproche che in alcuni casi hanno già il sapore di campagna elettorale. Una speculazione che i brindisini – a partire dalle migliaia di lavoratori interessati – non meritano.
Occorre, invece, che la città si riappropri del suo futuro, relegando ciascuno al proprio ruolo, compresa la “politica”. Brindisi, insomma, al pari di ciò che avviene in tante altre città, deve cominciare a stabilire dove vuole andare e quale prezzo è disposta a pagare per raggiungere l’obiettivo. Chi scrive non è certamente un sostenitore del carbone e di produzioni impattanti, ma ciascuno deve porsi nella condizione di ascoltare tutte le parti in causa per poi giungere a soluzioni realizzabili e possibilmente ampiamente condivise.
E invece fino ad oggi ci si è limitati a confronti sulla stampa ed a lanciare qualche slogan, se non addirittura qualche proposta strampalata, passando dai campionati di vela alle navi rigassificatrici.
La funzione di mediazione delle parti interessate, insomma, si è spesso limitata a qualche incontro a porte chiuse promosso da Confindustria in cui discutere su come ed a chi attribuire qualche briciola di appalti da fine-vita degli impianti di Enel ed Eni. Si è scelto, quindi, un piccolissimo uovo oggi invece di fare in modo di poter avere una gallina domani.
Fortunatamente, però, anche grazie a questo ordine del giorno approvato dalla Camera, sarà necessario porsi il problema di un domani che va definito immediatamente, se è vero che il phase out tuttora resta stabilito al 31 dicembre 2025 e che non ci sono provvedimenti di Governo che dicono il contrario.
Brindisi – è inutile negarlo – vedrebbe di buon occhio esclusivamente una centrale di Cerano pronta a ripartire, ma solo in caso di emergenza nazionale e non certamente per produrre energia a basso costo finalizzata a dare fiato al sistema industriale. E se non è così è bene che la città dica la sua, mettendo in moto l’unico sistema efficace per dare soluzioni ai problemi che è quello del pieno coinvolgimento dei corpi intermedi. Tutti! Dalle parti datoriali a quelle sindacali, senza escludere tutti coloro che hanno un ruolo nei tentativi di rinascita di questo territorio.
Non c’è più spazio, insomma, per “incontri di caminetto” che andavano bene a pochi eletti, ma che hanno contribuito a distruggere l’economia di qeusto territorio.
Un’ultima considerazione la dedichiamo al Presidente di Confindustria Lippolis il quale ha dato vita alla sua ennesima caduta di stile. Ieri pomeriggio ha diffuso un comunicato stampa (inviato via whatsapp ai colleghi), evitando accuratamente di inviarlo a Brindisitime, pur essendo la nostra una delle tre più importanti testate online della provincia di Brindisi, con decine e decine di migliaia di visualizzazioni al giorno. La nostra unica responsabilità è quella di esserci permessi, in qualche occasione, di criticare le sue scelte. E quindi ha deciso, in barba alla libertà di stampa, di seguire lo stesso schema degli incontri sul futuro industriale di Brindisi: a porte chiuse…
Mimmo Consales