Uno degli sport preferiti della città di Brindisi è quello di parlar male delle persone alle loro spalle e in alcuni casi anche di procurare danni all’immagine di chi la pensa diversamente. E invece uno degli aspetti più belli della democrazia è proprio quello di poter esprimere liberamente il proprio pensiero, senza dover temere dispetti o vendette.
Con questi presupposti, intendo dire la mia su quanto affermato dal Presidente di Confindustria Brindisi Gabriele Menotti Lippolis.
Purtroppo ho molti più anni di lui e quindi ho una conoscenza approfondita di quello che è accaduto in questa città negli ultimi decenni, comprese le vicende che riguardano il comparto industriale.
Proprio per questo, ritengo sia inopportuno e soprattutto ingiusto che Brindisi venga definita una città che cavalca ideologie anti-industrialiste. Certo, mi rendo perfettamente conto che le esperienze imprenditoriali di Lippolis possono essere considerate collaterali rispetto all’industria “vera”, ma emettere giudizi trancianti nei confronti della comunità brindisina è sbagliato e quindi merita alcune precisazioni.
Brindisi ha iniziato la sua avventura industriale circa 60 anni fa con il petrolchimico, mentre la prima centrale Enel (Brindisi Nord) risale a più di 50 anni fa. Mezzo secolo durante il quale Brindisi – forse questo il Presidente pro-tempore di Confindustria non lo sa – ha pagato un prezzo altissimo in termini di morti per gli effetti inquinanti prodotti da aziende “pesanti” e di ambiente devastato in maniera irrecuperabile.
Oggi si parla con troppa facilità di un ridimensionamento dell’area SIN, ma chi lo fa forse dimentica che cosa hanno lasciato sul terreno gli inquinatori, spesso fuggiti da Brindisi e dall’Italia con una terribile scia di inquinamento e disoccupazione. Basterebbe fare l’esempio di Micorosa per chiedere a tutti di rimanere – per dignità – in rigoroso silenzio. E invece si parla – e anche molto – di restituzione ad usi industriali di aree dove gli effetti devastanti di sostanze tossiche non ha distrutto proprio tutto. Certo, si proceda dove è possibile, ma nessuno dimentichi quello che Brindisi ha passato e 50 anni di abbandono in cui il Governo nazionale ci ha lasciato, pur sapendo di aver sacrificato questo territorio per il benessere del paese. Ci avevano promesso decine e decine di milioni di euro per le bonifiche e invece si è investito poco o niente.
Oggi, invece, si vuole consentire ad Enel, dopo averci propinato per decenni olio combustibile, orimulsion e carbone, di mollare tutto e andar via. Bene ha fatto, quindi, il sindaco Marchionna a dire che se la società elettrica vuole andar via deve prima smontare tutto, bonificare e rinaturalizzare i 270 ettari che ha utilizzato fino a questo momento.
A fronte di tutto questo, il Presidente di Confindustria bolla tutta la classe politica brindisina – da destra a sinistra – come gente che “abbaia alla luna”, che “mette i bastoni tra le ruote” e che “porta avanti politiche anti-industriali”.
A dire il vero, fino a qualche tempo addietro non era mai accaduto che fosse proprio Confindustria l’artefice di lacerazioni sociali così profonde. Creare divisioni e polemiche, infatti, non facilita percorsi condivisi di politiche industriali ed ecco perché anche Confindustria dovrebbe far parte del “fronte Brindisi” nei colloqui con i grandi players per convincerli ad investire, magari proprio con il compito di smussare gli angoli e stabilire percorsi di condivisione. Ed invece Lippolis ha scelto la strada dell’esasperazione dei toni e dei contrasti che alla lunga diventeranno insanabili e che non si capisce bene a chi potranno far comodo.
Del resto, la vicenda Edison dovrebbe servire come esempio. Per mesi e mesi si è tentato di soffocare dibattiti e forme di condivisione ed alla fine in tanti hanno capito realmente cosa si sta per realizzare ed hanno alzato gli scudi.
Brindisi, insomma, mi auguro che questo Lippolis lo comprenderà prima o poi, merita il rispetto che è dovuto a chi ha pagato con la vita e con guasti indelebili alla sua terra il prezzo della industrializzazione.
Un’industria che Brindisi vuole continuare ad avere, ma senza furbate e scorciatoie autorizzative. E questo non autorizza nessuno ad affermare che tutto ciò rientra nei comportamenti di “chi si prende il lusso di scoraggiare investimenti”.
Ben vengano imprenditori capaci di mettere mano al portafogli (senza subordinare investimenti ad accordi di programma e ad altre forze di finanziamento pubblico) e intenzionati a proporre un tipo di industria pulita e che non provoca alcun danno alla salute dei cittadini.
Brindisi, insomma, vuole smettere di vestire i panni di cenerentola del paese, così come non sarà disponibile ad ospitare centinaia di ettari di pannelli fotovoltaici per far fare affari a qualcuno senza ritorni occupazionali e con la definitiva devastazione di intere aree
Su questo si chiede il confronto con il Governo e sono certo che Brindisi saprà aprire le porte ad investimenti senza frapporre alcuno ostacolo.
E su questa linea sarebbe normale ritrovare al fianco della città anche Confindustria, così come è accaduto per decenni prima di sentirsi classificare dall’attuale presidente come “territorio inaffidabile”.
Mimmo Consales