MUSEO ETNOGRAFICO DI FRANCAVILLA: NUOVA VITA AGLI STUPENDI REPERTI ANTICHI GRAZIE ALL’ACCORDO COL COMUNE – FOTO

Un tuffo in un passato lungo quasi cinque secoli: questo è il museo Etnografico allestito anno dopo anno, reperto dopo reperto, dal geometra francavillese Gerardo Andriulo, e donato dallo stesso suo creatore al Comune di Francavilla Fontana con un accordo siglato nell’ufficio del sindaco di Castello Imperiali con il primo cittadino Maurizio Bruno.

L’intero tesoro, che conta oltre 4mila reperti, sorgerà probabilmente entro la fine dell’anno nella Città degli Imperiali, dopo aver ospitato già più di 20mila visitatori nella ormai ex sede di Oria. Per il sindaco Bruno si tratta “di un dono di straordinaria rilevanza, per il quale sono a saremo tutti eternamente grati al nostro concittadino Andriulo. Grazie a lui e al museo cui daremo vita, Francavilla avrà un centro culturale in più, un punto di attrazione nel quale entrare, e viaggiare nella pancia della Storia”.

Una storia che però non tratta di generali e di re, di guerre e conquiste. Ma di vita. Quella raccontata dai 4mila reperti raccolti con pazienza e passione da Andriulo in almeno cinquant’anni, è una storia nascosta tra le pieghe delle pagine che ripercorrono le vicende politiche e militari delle Nazioni. Una storia sconosciuta ai più. E che forse sarebbe andata irrimediabilmente persa per sempre, se non fosse stato per la sua opera certosina di ricerca, conservazione e catalogazione.

Nel suo monumentale lavoro è scritta la storia della gente comune, delle masse. Entrando in questa sorta di buco scavato nel tempo, sarà possibile riscoprire come e dove ci si lavava appena svegli­ trecento anni fa, come si studiava o si lavorava, si uccideva e torturava, come si mangiava e dormiva. Si scopre come si evitava la propagazione di malattie infettive, e come, ricorrendo a semplici ma geniali stratagemmi, si sopravviveva giorno per giorno; rendendo meno dura una vita difficile, che non concedeva nulla.

Nel museo i reperti saranno suddivisi in sezioni, e stipati in ambienti tematici. In uno saranno raccolti centinaia di oggetti, ma soprattutto attrezzi, utilizzati nei secoli per lavorare i campi. Ogni epoca ha infatti le sue ­vanghe, le sue carrozze, i suoi ferri del mestiere. Ma anche le sue usanze, e i suoi riti. Una seconda sezione sarà dedicata ai mestieri ormai scomparsi. E ogni lavoro avrà il suo angolo con tutti i “ferri del mestiere” ormai finiti nel ripostiglio della Storia. C’è il trottolaio, il sediaio, l’arrotino ambulante, il funaio, lo scarparo, il venditore ambulante di latte. E non manca l’angolo del barbiere. Mestiere tutt’altro che estinto: ma che in passato faceva ricorso ad ammennicoli piuttosto “rozzi”, scomparsi dalle botteghe da chissà quante generazioni. Così come oggi sarebbe impensabile trovare appesi al muro cartelli che invece fino al secolo scorso campeggiavano in ogni locale: “Vietato sputare per terra”, o perfino “Vietato bestemmiare”. E per chi proprio non riusciva a rispettare il primo dei due divieti, c’era sempre e ben in vista una “sputacchiera” apribile a pedale. Ogni oggetto all’interno del museo ha una sua storia, e un’utilità ché può apparire incomprensibile, senza un’opportuna spiegazione. Ed ecco che si scopre che gli orli aguzzi di una brocca servivano ad evitare che qualcuno bevesse poggiando direttamente le labbra; o che i gusci delle “cozze nere” venivano utilizzati per saldare al meglio attrezzi da lavoro rotti o lesionati. Una terza sezione sarà infine dedicata alla “vita sociale”. Lì si potranno trovare libri, riviste e giornali risalenti perfino agli inizi dell’ottocento; copricapo per uomini e donne di ogni epoca e classe sociale; e per­fino gli strumenti di tortura utilizzati dalla Diocesi di Oria durante i tempi della Santa Inquisizione, con annesso un vero elenco di proscritti accusati di stregoneria. Questo è e sarà il Museo Etnografico donato alla città da Gerardo Andriulo, cui l’Amministrazione comunale, con l’assessore alla Cultura Enzo Garganese, intende dare il prima possibile il lustro e la rilevanza che merita.

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