“NO WAR- NON FACCIAMOCI LA GUERRA”. UNA RIFLESSIONE SULLA PACE DI MORENA ATTORRE, UN’ALUNNA DELL’ALBERGHIERO DI BRINDISI

“NO WAR- NON FACCIAMOCI LA GUERRA”. UNA RIFLESSIONE SULLA PACE DI MORENA ATTORRE, UN’ALUNNA DELL’ALBERGHIERO DI BRINDISI
5-4-3-2-1…Boooom!
È questo il tempo che impiega una bomba per cadere dal cielo, 5 secondi. Punta proprio nella tua zona ed è pronta alla devastazione. Non hai il tempo di metabolizzare ciò che succede. Se non sei sotto shock hai la possibilità di muoverti, capirci qualcosa. Ti senti soffocare, ti stringi il petto, hai la mano davanti la bocca per provare a filtrare l’aria e aguzzi gli occhi.
“Mamma?”, domandi, “papà?”, o il nome dei tuoi figli. Anzi, urli. Urli talmente tanto da squarciarti la gola. Le mura dove hai condiviso la tua intera vita distrutte in uno schiocco di dita. Non importa cosa stessi facendo, alla guerra non importa se sei in doccia, seduto a tavola, studi o dormi. Se sei un bambino, un anziano, un ragazzo o un adulto. È lì per distruggerti e non sperare ti risparmi.
Boooom!
Ne è esplosa un’altra ancora. Forse più in là, ti domandi se i tuoi parenti più lontani stiano bene. Preghi. Preghi in un Dio che ti salvi perché è l’unica speranza che ti rimane quando i sacrifici di una vita crollano e i tuoi cari sono schiacciati sotto le macerie. Forse piangi, urli, impazzisci… Io non lo so. Non lo so perché la guerra non c’è nel mio paese. La notte dormo nel letto, nessuna sirena mi sveglia. Mi alzo al mattino dopo, faccio colazione con un cornetto e vado a scuola. E così facevano anche la maggior parte degli Ucraini prima dell’invasione Russa. Svegliarsi nel cuore della notte con un bombardamento in atto e nessuna certezza sul futuro: cosa ne sarà di te? Della tua casa? La tua famiglia e gli amici. Ci vuole tanto coraggio. 352 tra cui 14 bambini. Questi sono i morti della guerra fin’ora, dove i civili pagano le conseguenze dell’inciviltà di chi li governa. Perché la guerra la fa chi non la subisce e la subisce chi non la fa. Il mio pensiero è rivolto alla popolazione Ucraina, alle donne vittime di stupri di guerra, all’infanzia rubata ai bambini, agli adolescenti in lotta per le strade di Kiev, la cui unica preoccupazione è se saranno vivi il giorno dopo. Ai padri che lasciano le proprie famiglie e le madri che scappano con i figli in posti sconosciuti. Ma il mio pensiero va anche alla popolazione Russa, costretta a subire una guerra che non vuole. Zittiti dal governo come non contassero nulla. E vorrei tanto poter dire loro: “la vostra voce conta!”. Mi auguro che tutti possano alzarsi con un cornetto la mattina come me e guardare il cielo pensando:
“Che bella giornata oggi!”
Morena Attorre

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