Per tutto il tempo della Quaresima, i 40 giorni di penitenza e di digiuno il giorno del venerdì, si era soliti risparmiare il più possibile il cibo per il periodo pasquale. Questa era la tradizione, che ormai non è più così sentita. Ma a Brindisi sentiti sono ancora i principali piatti della tradizione che non possono mancare sulle tavole imbandite da nonne e mamme…almeno quelle di una certa età. Dopo le abbuffate quaresimali della classica (e dagli ngredienti più poveri) “puddhica”, passato il venerdi Santo, l’ultimo di digiuno, si corre in macelleria a comprare agnello e capretto e uova, e al supermercato per farina, zucchero e burro per la pasta frolla dei “pupi cu l’ovu” e dal fruttivendolo per le immancabili verdure per il pinzimonio del “sobbrattavula”. E il giorno della Resurrezione levataccia perché sia tutto pronto per il pranzo pasquale con figli, nipoti e pronipoti. L’agnello pasquale, contro il cui acquisto si battono con fermezza gli animalisti e che come tradizione fa sempre meno presa anche per questo motivo, era segno di devozione in ricordo dell’agnello presente “sulla tavola”/ altare del giovedì Santo. Il pinzimonio per “sciacquare” la bocca dai grassi della carne non deve mancare. I dolci poi sono l’apoteosi della Pasqua dopo i sacrifici della quaresima ed ecco i “pupi cu l’ovu”, canastrini nella forma di pasta frolla che racchiudono un uovo lesso, ornati se si vuole da granelli di cioccolata colorati. E i più dolci di tutti sono i “quaresimali” la pasta di mandorle ricoperta di meriga…e a buttar tutto giù un bicchierino di rosolio.
E per Pasquetta e la tipica scampagnata basterà rivisitare ciò che è rimasto dal pranzo pantagruelico di Pasqua, se è rimasto qualcosa, e magari approntare dei panini con le polpette fritte e al sugo della nonna, o recuperare la pasta della zia in un pasticcio o in una frittata e un po’ di verdura perché poi si gioca in spiaggia o sui prati e bisogna tenersi leggeri…più o meno. E da martedì tutti a fare jogging in vista della imminente prova costume.