PORTO DI BRINDISI, IL DIRITTO DI VIVERE. STORIA DI UN CORMORANO

di Giulia Cesaria

Passeggiando sulla sponda opposta al centro storico della mia città, osservavo la bellezza di un grande Cormorano nero, che immergendosi nell’acqua, tornava a galla immediatamente, scuotendo le ali, notavo, però, che questo suo immergersi diventava sempre più frenetico e statico al tempo stesso, come se qualcosa gli impedisse di muoversi.
Mi sono resa conto che era in difficoltà, mi sono avvicinata sul bordo della sponda e ho visto un lungo filo di nylon da pesca, che galleggiava sul mare, sino a raggiungere il Cormorano, ho capito subito che il povero esemplare era rimasto impigliato, ho allertato mio marito, che lentamente tirando il filo verso la sponda, riusciva ad avvicinare  il Cormorano, che aveva intorno  al collo il filo di nylon pronto a strozzarlo, con timore, nell’intento di liberarlo, lo abbiamo messo sulla banchina, cercando di srotolarlo da quella matassa filiforme.
Spaventato, per difendersi, giustamente, con il suo becco curvo e appuntito, ha infilzato la mano di mio marito, che, nonostante fosse ferito, finalmente è riuscito a liberarlo.
Lo abbiamo visto, finalmente, immergersi e riemergere lontano da quella trappola mortale, libero di asciugare le sue ali al sole e di continuare il suo viaggio verso lidi più sicuri, forse?!
Eravamo felici e soddisfatti, ma tristemente angosciati dal fatto che i pescatori, con le loro lenze abbandonate in mare, oltre ad inquinare, possano creare questi inconvenienti, pregiudicando il naturale corso della natura.
L’episodio fa riflettere, su quanto l’incuria dell’uomo, in tutte le sue forme, stia compromettendo l’ecosistema e ogni forma vivente sulla terra, compresi noi stessi, cosiddetti esseri “umani”.

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