POST REFERENDUM TRA VINCITORI E VINTI: LA POLITICA NON È TRA I PRIMI…

Prendo spunto dall’interessante dibattito scatenatosi agli esiti della consultazione referendaria e, prescindendo da proclami dai connotati trionfalistici da più parti levatisi, provo a trarre qualche spunto di personalissima riflessione su cui sarebbe interessante – ora che il clima potrebbe essere un po’ più sereno – un  confronto tra le parti politiche.

1)  Dagli ampi e accesi confronti a cui nelle ultime settimane abbiamo assistito nei salotti della cultura, dai talk show televisivi a tema ai comizi, dalle discussioni di Palazzo fino al vociare in ogni angolo di strada del nostro amato Paese, che come non mai hanno contraddistinto la lunga vigilia di questo appuntamento elettorale, è emerso piuttosto chiaramente come una riforma costituzionale che ringiovanisca e renda più al passo con i tempi le nostre Istituzioni e la stessa Costituzione italiana, avvicinando il nostro sistema politico/amministrativo a modelli esteri più vincenti sul piano della tutela e del riaffrancamento dei principi democratici, sia quanto mai necessaria e soprattutto condivisa come esigenza che proviene dal basso. A me questo sembra un dato di fatto incontrovertibile, confermato, se ce ne fosse bisogno, anche dai numeri dell’affluenza che dimostrano come il tema sia particolarmente sentito dai cittadini.

La riforma proposta da Renzi e i suoi, d’altro canto, non ha evidentemente convinto in quanto ritenuta – sento dire – lacunosa in parecchi tratti e, oltretutto, perché – a mio avviso – le ragioni di certi indirizzi assunti sono apparse ai più piuttosto pretestuose…motivi per cui personalmente ho votato no ed il no alla fine ha prevalso un maniera direi netta. Ciò non toglie l’esigenza di un cambiamento che non può esautorarsi solo con la più volte riesumata riforma elettorale.

2) Renzi, i renziani, la parte del Pd che lo sostiene (o forse lo sosteneva a questo punto) oltre che gli storici suoi supporters (se volete chiamatele Lobbies) hanno chiaramente perso la battaglia, ma in realtà potrebbero esserne usciti vincenti in un’ottica di medio lungo periodo, se è vero come è vero che “da soli” (eccezion fatta per lo sparuto gruppo di fedelissimi di Alfano che notoriamente non si è mai assestato oltre il 4%) hanno raccolto il voto di oltre 4 italiani su 10!

Adesso, non si dica in giro che si è trattato solo di una consultazione referendaria;  è palese infatti che si sia assistito, invero, ad uno scontro politico a tutto tondo che ha dato dei riscontri importanti ai movimenti politici di maggioranza e non sull’attuale indice di gradimento popolare. Motivo per cui per il Centrodestra, a cui non smetterò mai di credere ed affidarmi, è il momento, forse quello propizio, che si ritrovi coerenza, compattezza e slancio se realmente si vuole ambire a riprendere le redini del Paese, e via via dei territori, riaffermando i valori liberali che gli appartengono e in cui la maggioranza degli italiani storicamente si riconosce.

3) Dulcis in fundo, ancora una volta, la nostra si conferma come la politica del ”uno contro tutti”, dove l’uno è chi governa e i tutti, tutti gli altri; questi ultimi si ritrovano così schierati in un’accozzaglia di sigle, idee e movimenti assolutamente inconciliabili per innata e primordiale eterogeneità di estrazione, cultura e ideali, formati da leader, rappresentanti o semplici portavoce, che non si troverebbero d’accordo neppure sul colore del cielo. Ma in quello che non riesce niente e nessuno  – si dice di solito – riesce la politica: avvicinare gli inavvicinabili, accordare gli inaccordabili quando il fine, l’obiettivo, la mission sono comuni e cioè scardinare dalle poltrone chi in quel momento – legittimamente o meno – ha il potere di governare.

Salvo poi inevitabilmente tornare a “scannarsi”, offendersi, distanziarsi, quando si tratterà di affrontarsi per prendersi proprio quell’ambito scettro di comando una volta tornato in palio.

Quello che ne deriva molto spesso (non sempre per la verità) è che un sano e costruttivo confronto sulle idee venga per questo motivo a svilirsi e che qualche eventuale buona azione o una possibile proposta valida di chi governa o amministra che potevano recare benefici della collettività vengano osteggiate da un’opposizione sorda e ceca ma che in queste circostanze risulta essere sempre in compenso particolarmente coesa  e compatta. Del resto quello che conta è mettere il bastone fra le ruote alla maggioranza con l’ ambizione di avere al più presto un’altra chance dalle agognate urne.

Sono persuaso che questa politica dell’accerchiamento, questo fronte comune del “tutti contro uno” dalle sembianze di una Crociata contro il male, non rappresenti un bene per la democrazia, per il Paese e le realtà locali, che necessiterebbero invece di interventi sensati e rapidi; e neppure per la politica stessa. Ed invece accade sempre più di frequente.

Questa caccia al mostro, a volte giustificata spesso strumentale ai fini del proprio rilancio da parte delle opposizioni, non credo rechi neppure vantaggio e beneficio ai cittadini. Essere l’anti-Renzi o l’anti-Carluccio, venendo ai fatti nostri, o l’anti-chiunque abbia avuto il mandato ad amministrare, pur in presenza di una cattiva amministrazione che legittimerebbe la minoranza a esercitare una sana azione di democratica opposizione, ritengo non sia un buon esercizio della politica; spesso cela solo personalissime ambizioni e presunzioni.

I veterani della politica diranno che così funzionano le cose… che queste sono le regole del gioco, ma forse proprio per questo la gente sta progressivamente perdendo fiducia nella politica.

Gianluca Alparone

 

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