Gli arrestati sono stati condannati con il rito abbreviato dal GUP del Tribunale di Brindisi, a pene variabili: Maurizio Lasalvia a 6 anni, 5 mesi e 20 giorni; Cesare Iaia a 6 anni; 3 anni e 4 mesi a Ferrero; 3 anni e 6 mesi a Cosimo Damiano Laporta; 4 anni e 4 mesi a Pierpaolo Maiorano e 2 anni e 5 mesi per Mattia Pano.
Soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso in detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante specifica di averne commercializzato ingenti quantità. L’incipit dell’attività è scaturito da una perquisizione effettuata dai Carabinieri della Stazione di Torchiarolo alla fine del dicembre del 2017, all’interno dell’officina e dell’abitazione di uno degli indagati. L’atto di polizia giudiziaria fece emergere un elemento importante, posto che le unità cinofile rilevarono la pregressa presenza di stupefacente in una cassettiera della scrivania. Ecco perché le oltre 4500 Stazioni Carabinieri, capillarmente diffuse su tutto il territorio nazionale, rivestono una funzione fondamentale nei rispettivi territori: esse costituiscono un privilegiato sensore operativo per la raccolta e la prima elaborazione delle informazioni. Quindi, la prossimità di questi reparti alle popolazioni, con le quali vivono in stretta simbiosi nei territori su cui insistono, rappresenta effettivamente un valore aggiunto.
L’indagine, condotta da gennaio a settembre 2018, non ha fatto altro che confermare che il traffico di droga, soprattutto marijuana, proveniente dall’Albania sulla rotta delle sigarette di contrabbando, è uno dei business della criminalità brindisina. La dimostrazione più eloquente è rappresentata dal sequestro dei 250 kg di marijuana nei tubolari di un gommone, con il singolare sistema di occultare lo stupefacente in quelle cavità, stratagemma poi replicato in altri sbarchi successivi. Gli indagati, nei colloqui intercorsi tra di loro, oltre a utilizzare telefoni dedicati, si esprimevano con una loro terminologia convenzionale.
L’approvvigionamento di un chilo di cocaina veniva denominato “un pollo intero”, “…se puoi, portarmi un pollo intero ti do un acconto…”, mentre per richiedere le dosi di cocaina la locuzione utilizzata era “il motore 350 mi serve, ti faccio uno squillo appena parto”.
Il Giudice per le Indagini preliminari in sede di emissione di ordinanza ha potuto così rilevare la gravità complessiva dei fatti addebitati agli indagati, la cessione quotidiana e sistematica di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e marijuana. Altro importante elemento è rappresentato dall’entità dei proventi ricavati alquanto rilevante, nonché i consolidati contatti di alcuni degli indagati oltre Adriatico con le organizzazioni criminali che si dedicano all’illecita attività nel Paese delle Aquile.